Alluvioni in Romagna: il ruolo della memoria tra il 1939 e il 2023
Un racconto tra passato e presente, tra disastri dimenticati e fragilità nella crisi climatica
A due anni dall’alluvione del 2023 in Romagna, si moltiplicano le iniziative di memoria. Tra queste, una in particolare collega presente e passato, ossia con l’alluvione che colpì la Romagna nel 1939, una storia dimenticata per più di ottant’anni. Quest’anno sono riuscito a partecipare a un’iniziativa che in un certo senso collega queste due date. Il 24 maggio ho camminato per le strade di Forlì per partecipare all’evento organizzato da Forlì Città Aperta, con la collaborazione di ActionAid Italia, nell’ambito del progetto Col.M.A.Te. (acronimo che sta per Collettività, memoria e attivazione nei territori post-disastro) il quale mira a creare consapevolezza e restituire centralità al tema dei disastri e della giustizia ambientale proprio attraverso la memoria.
Perché è difficile ricordare?
Proprio la “memoria” è qualcosa che dovremmo coltivare davanti all’incessante aumento di questi eventi estremi ma come si fa a ricordare quando tutto intorno a te vuole che dimentichi cosa è accaduto. Questa è la situazione in cui si trovano numerosi territori colpiti da disastro e la risposta non è semplice.
Col.M.A.Te. si è strutturato come un processo partecipativo che ha coinvolto persone colpite dall’alluvione per costruire una commemorazione dal basso per provare a stimolare una memoria viva, scomoda e necessaria per prepararsi al prossimo disastro in un contesto dove una parte della città (perlopiù non colpita dall’alluvione) vuole dimenticare. Per questo durante la passeggiata sono state lette le testimonianze raccolte in queste settimane: storie che sono state inevitabilmente segnate da quello che è accaduto il 16 maggio 2023, ma che da allora oggi a maggio 2025 sono state a poco a poco dimenticate. C'è chi chiude gli occhi davanti a un territorio sempre più fragile e lo abita come se la crisi climatica non lo riguardasse.
Dall’alluvione del 1939 a quella del 2023 in Romagna
Come ti anticipavo, Col.M.A.Te. ha cercato di ricollegare la memoria tra le due date e uno degli incontri è stata proprio una passegiata partecipativa tra i luoghi colpiti dall’alluvione nel 1939 e nel 2023 insieme allo storico e insegnante Giacomo Mariani D’Altri, autore del libro “Storia dell’alluvione del 1939 in Romagna”, e Alessia Martella, parte del Collettivo Osservo.
Nella lettera di gennaio ti raccontavo come la domanda “Quando abbiamo smesso di parlarci?” mi ha iniziato ad ossessionare proprio durante il viaggio a Santa Sofia. In quell’occasione ebbi il piacere di conoscere Alessia e di farmi raccontare di quell’alluvione del 1939. Mi incuriosi fin da subito e poco dopo mi fece avere una copia del libro di cui ha scritto la prefazione. In questa lettera te ne vorrei parlare perché finalmente mi sono preso il tempo da dedicare alla lettura e perchè credo che ne valga davvero ogni singolo minuto speso a leggere.
Il libro “Storia dell’alluvione del 1939 in Romagna”
Autopubblicato nel 2024 da Giacomo Mariani D’Altri con la prefazione di Alessia Martella, “Storia dell’alluvione del 1939 in Romagna. L’inondazione - le frane - la migrazione degli alluvionati verso l’Agro pontino - I parallelismo con maggio 2023” è una ricerca storica di archivio che segue le regole della metodologia storica per ricordare e ricostruire la memoria dell’alluvione che ha colpito il territorio durante il regime fascista.
Se si pensa che solo in Italia nel 2021 sono stati autopubblicati più di 16 mila libri, ci si rende conto che questo libro è una perla che non avrei mai scovato se non avessi conosciuto l’autrice della prefazione. Come scrive Alessia Martella, ciò che trattiene la memoria collettiva influenza il nostro abitare, le percezioni, il nostro agire e i ricordi talvolta rischiano di cadere nell'oblio alterando i fatti e minando la possibilità di generarne di nuovi. Per questo un libro di questo genere è fondamentale, poiché il ricordo è possibile che sia cancellato, oppure alterato, senza che ce ne rendiamo conto. Mentre noi dimentichiamo però il territorio ricorda e le sue fragilità rimangono, senza contare che i disastri possono accentuare sistemi di potere pregressi e innescare forme di conflittualità nuove e viceversa.
Una storia che si ripete
Ricordare e raccontare la memoria è però importante. Il libro racconta come nel 1939, allo stesso modo del 2023, i territori più colpiti furono la zona del forlivese vicino al ponte di Schiavonia conosciuta come il quartiere "La Cava" e Villanova, che al tempo erano aperta campagna (al contrario di oggi), le campagne ravennati, la zona cesenate dell'ippodromo e la collina forlivese: Civitella di Romagna, con oltre 150 abitazioni pericolanti e 500 sfollati, Modigliana, la frazione di Mercato Saraceno con il crollo del vicino Ponte di Sorbano e la collina predappiese, nelle frazioni di San Savino e Tontola.
L’esodo dei contadini romagnoli nell’agro pontino
Se da una parte la propaganda fascista si concentrò sull’arrivo di Donna Rachele, moglie del dittatore e punto di riferimento del fascismo in Romagna, mentre partecipava al pranzo con gli sfollati e alla distribuzione degli indumenti, dall’altra parte le devastazioni furono così importanti che molti contadini persero il lavoro e dovettero emigrare. Il regime fascista, a molti di questi, decise di affidare le terre appena bonificate dell'Agro Pontino, tra Pomezia, Latina e Aprilia.
Proprio ad Aprilia Giacomo Mariani D’Altri intervista Giacomo Stradaioli, che all’epoca dell’alluvione del 1939 viveva a Civitella di Romagna e aveva 6 anni, per ricostruire gli avvenimenti. Stradaioli racconta di come tantissime famiglie rimasero senza terra e che a maggio molti braccianti erano pronti per andare a lavorare nelle colline di Faenza, dove il raccolto iniziava un mese prima. Ma tutto si fermò perchè le forti piogge provocarono il crollo di intere montagne. L’inondazione travolse case, poderi, masserizie, stalle, campi coltivati, animali e pure gli uomini.
Per un pò le persone vissero nelle case parzialmente abitabili o trovarono rifugio di fortuna fino a che non gli venne confermata l’assegnazione di un podere nei territori appena bonificati dell’Agro Pontino. Non poterono portare niente con sè, salirono sui camion dell’esercito e dovettero abbandonare la Romagna. Lì Giacomo Stradaioli racconta di aver contratto la malaria e che questa durò per quattro anni, fino a che non si trasferirono in un altro comune mentre gli americani risalivano l’Italia.
Il post-alluvione e la seconda guerra mondiale
Per tutti gli altri che erano rimasti nel territorio si stabilì un risarcimento pari al 60% dei danni stimati durante le indagini del genio civile nei comuni più colpiti come Mercato Saraceno, Civitella di Romagna, Predappio e i comuni del ravennate.
Giacomo Mariani D’Altri in “Storia dell’alluvione del 1939 in Romagna” ricostruisce l’ammontare degli enormi danni, tuttavia non è stato possibile determinare se gli aiuti siano stati effettivamente stanziati i fondi dato che la ricostruzione si sarebbe dovuta svolgere durante la seconda guerra mondiale. Quello che il giornale propagandistico “Il Popolo di Romagna” definì come “maggio nemico” vide migliaia di lavoratori lavorare con la pala per sgomberare le frane e lascio con sé molteplici domande che tutt’oggi restano senza risposta. Questi eventi potrebbero aver aumentato da lì a poco l’esodo che contribuì al “miracolo economico italiano” dei contadini verso le città?
Per dare un’immagine vivida di cosa significa l’alluvione, Giacomo Mariani D’Altri ricorda, infine, che lo stesso Dante immagina l’inferno con ghiaccio, acqua e fango paragonabili con le fiamme infernali.
Cosa ci insegna la storia dell’alluvione del 1939 in Romagna? Semplice, può riaccadere!
Giacomo Mariani D’Altri nel libro racconta che “scrivere la storia dell'alluvione in Romagna del 1939 è utile per noi che abbiamo vissuto gli avvenimenti della recente inondazione per capire le dinamiche di un evento che non è stato un unicum nella Storia del nostro territorio come molti di noi credevano”.
Purtroppo continua ad accadere e sempre più frequentemente. Proprio in questi giorni l’Appennino è alle prese con prese con violenti temporali, con una situazione più critica a Mercato Saraceno dove la frazione di Taibo è stata travolta dal fango. La paura di rivivere gli eventi del 2023 è tornata anche a Forlì lo scorso 21 maggio, quando si sono allagati nuovamente cantine e garage, con tanto di blackout elettrici (negli stessi giorni anche Milano, nelle zone toccate dal fiume Lambro, è stata colpita ma te ne parlo nella prossima lettera).
Alcune fragilità dell’Italia: alluvioni e frane
L’Italia è un Paese fragile, situato in un hotspot climatico e ripetutamente colpito da calamità di origine naturale come terremoti, alluvioni e frane. L’Emilia-Romagna è una delle aree più a rischio e solo nell’arco degli ultimi due anni è stata colpita da quattro alluvioni (2-3 maggio 2023, 16-17 maggio 2023, 18-19 settembre 2024 e 19-20 ottobre 2024), senza contare quello che sta accadendo in questi giorni.
Recentemente l’ISPRA ha pubblicato il report “Ambiente in Italia: uno sguardo d'insieme, Annuario dei dati ambientali 2024” in cui ci sono un pò di fotografie delle fragilità dell’Italia. Ad esempio il 2023 (uno degli anni più caldi degli ultimi 150 anni dopo il 2022) è stato caratterizzato da temperature record, siccità persistente ed eventi meteorologici estremi che hanno avuto un impatto significativo su diverse regioni italiane. Per quanto riguarda il rischio alluvione, l’ISPRA stima che al 2020 la popolazione residente in aree a pericolosità/probabilità elevata è il 4,1% del totale nazionale (2.431.847 abitanti); quella esposta a pericolosità/probabilità media è l’11,5% (6.818.375 abitanti) mentre la popolazione in aree a pericolosità/probabilità bassa è pari al 20,6% (12.257.427 abitanti).
Per quanto riguarda la popolazione a rischio frane in Italia è pari a: 499.749 abitanti residenti in aree a pericolosità molto elevata; 803.917 abitanti residenti in aree a pericolosità elevata; 1.720.208 abitanti in aree a pericolosità media; 2.006.643 abitanti in aree a pericolosità moderata e 676.948 abitanti in aree di attenzione. Se si considerano le due classi a maggiore pericolosità la popolazione a rischio ammonta a 1.303.666 abitanti, mentre se si tiene conto di tutte le classi la popolazione a rischio raggiunge 5.707.465 abitanti (9,6%). Le regioni con valori più elevati di popolazione maggiormente a rischio frane sono Campania, Toscana, Liguria, Sicilia, Lazio ed Emilia-Romagna.
Il valore della memoria nella crisi climatica
L’alluvione è estremamente selettiva. Davanti alla crisi climatica in atto, il rischio è che la memoria si dissolva nella normalizzazione provocando una frattura sociale e urbana tra chi viene colpito e chi no, lasciando spazio a un senso di isolamento e disuguaglianze invisibili tra le persone colpite.
Coltivare la memoria ci aiuta ad essere pronti per il futuro e a prenderci cura delle fragilità dei nostri territori. La memoria, inoltre, è anche qualcosa di inestimabile per noi esseri umani e ci permette di connetterci con gli altri.
Dopo le alluvioni che hanno colpito Valencia causando oltre 217 vittime, è nato un progetto che ha voluto recuperare e restaurare le fotografie di famiglia trovate tra le macerie. Il progetto ha salvato oltre 230.000 immagini e 1.800 album, restituendoli digitalizzati alle famiglie. Per molte persone colpite, queste foto rappresentano una parte di sé, una cura emotiva e un modo per ritrovare identità, affetti e ricordi anche di chi non c’è più. È un gesto collettivo di memoria, cura e resilienza, che rafforza il legame della comunità con il proprio passato e con la speranza nel futuro.
Il 24 maggio la passeggiata di Col.M.A.Te. si è conclusa al Parco della Pace dove c’era una mostra fotografica del progetto e delle foto raccolte dalla persone dei giorni dell’alluvione. Immagini di armadi svuotati, stracci coperti di fango, scale allagate, ma anche abbracci e solidarietà.
In quelle immagini c’erano numerosi gesti collettivi fatti di memoria e cura, così come in tutto il percorso c’è una comunità che sta scegliendo di guardare avanti senza dimenticare perché una società senza memoria è una società che non impara dai propri errori. Non so se tutto questo basterà a prevenire il prossimo disastro ma sicuramente è un modo per non subire in silenzio la crisi climatica e creare una comunità.
Se anche tu vuoi farmi avere un'opera scrivimi! Intanto dimmi nei commenti che pensieri ti ha stimolato il libro “Storia dell’alluvione del 1939 in Romagna” :)
Il 7 luglio, dalle 18.00 alle 19.30, si terrà un evento online in cui verrà presentata una ricerca sull’inclusione delle comunità fragili e in condizione di vulnerabilità nelle politiche climatiche. Iscriviti cliccando qui!