Così cerchi informazioni sulla Crisi Climatica?
Non è un film distopico: la crisi climatica è in atto e le società di tutto il mondo cambiano insieme ad essa. Incendi fuori controllo, città sommerse dalle alluvioni, alberi che cadono numerosi strappati dalle tempeste o intere regioni colpite dalla siccità sono solo alcuni esempi degli eventi estremi che abbiamo visto in Italia e nel mondo sempre più frequentemente.
La crisi climatica non è più confinata nei capitoli dei libri di scienze ma va in scena ogni sera nei telegiornali serali o sui nostri feed instagram. Ammetto che ti posso sembrare esagerato e qualcuno potrebbe urlare: “maledetti allarmisti! terrorizzerete i nostri bambini, nessuno pensa a loro!”. Anche se i dati sui disastri potrebbero risultare incompleti e in parte imprecisi perchè nel tempo la rilevazione è migliorata, l’International Disaster Datbase (EM-DAT) mostra come negli anni è aumentato il numero di eventi estremi (qui un interessante articolo su Our World in Data).
Se ciò non ti convince, il sesto rapporto di sintesi dell’IPCC ha affermato che a partire dagli anni ‘50 l’azione umana ha accelerato i cambiamenti climatici in atto e la frequenza degli eventi estremi, senza considerare che diventeranno sempre più intensi nel breve periodo con molteplici rischi climatici che colpiranno la salute, le popolazione in maggiore condizione vulnerabilità, gli ecosistemi, le infrastrutture e i sistemi alimentari.
Oh, poi quattro alluvioni in Romagna nel giro di un anno e mezzo non potranno essere ridotto a un tombino o alla pulizia di un argine o no?
Cosa sono i cambiamenti climatici? Inquadriamo la definizione
Qualcuno vorrebbe insultarmi e dirmi “zitto, il clima è sempre cambiato!”. Bene, partiamo dalla definizione: per “Cambiamenti climatici” si intendono quei cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici. Il problema non sta nel cambiamento in sé, che può avvenire in maniera naturale, ma sta nel fatto che tali cambiamenti sono aumentati, e lo stanno facendo sempre più velocemente, proprio a causa dell’attività di noi piccoli esseri umani. Si può anche dire che la crisi climatica è la rottura di un equilibrio. l
Che poi non è il Pianeta che ha bisogno di essere salvato, ma inizia ad essere anche una questione che interessa la sopravvivenza della nostra specie e di tutte le creature viventi che hanno la sfortuna di vivere insieme a noi (scusaci signor Pinguino, non sappiamo quel che facciamo…).
Come se non bastasse il periodo 2011-2020 è stato il decennio più caldo mai registrato, con una temperatura media globale di 1,1ºC al di sopra dei livelli preindustriali nel 2019. La situazione non sta migliorando e il riscaldamento globale indotto dalle attività umane è attualmente in aumento a un ritmo di 0,2ºC per decennio.
Vediamo ora le cause principali della crisi climatica
Il colpevole dell’accelerazione dei cambiamenti climatici è il famigerato effetto serra. Detto in altre parole, la causa principale dei cambiamenti climatici sono alcuni gas (detti gas serra) come l'anidride carbonica (CO2), il metano, l'ossido di azoto, i gas fluorurati che catturano il calore del sole e lo trattengono tra la superficie terrestre e l’atmosfera. È come lasciare il nostro pianeta sul cruscotto dell’auto sotto al sole, soltato che qui non basterà aprire lo sportello.
Anche se questi gas sono presenti in natura è importante ribadire che le attività umane hanno fatto aumentare le concentrazioni di questi gas nell’atmosfera. In particolare, i principali settori di emissione di gas serra sono:
La combustione e l’utilizzo di carbone, petrolio e gas (i famigerati combustibili fossili);
L'abbattimento delle foreste che aiutano a regolare il clima assorbendo la CO2 nell’atmosfera (deforestazione);
L’allevamento intensivo di bestiame, dove vengono maltrattati gli animali inquinando l’ambiente e aumentanto il rischio di future pandemie, senza dimenticare le grandi quantità di metano prodotte durante il processo di digestione (moriremo anche a causa delle scorregge);
I fertilizzanti azotati che producono emissioni di ossido di azoto;
I gas fluorurati emessi da apparecchiature e prodotti che utilizzano tali gas come i sistemi di refrigerazione, climatizzazione o pompe di calore;
Ma quali sono le conseguenze del cambiamento climatico?
Le principali conseguenze del cambiamento climatico possono essere distinte tra disastri a lento sviluppo (slow onset disasters) e disastri a sviluppo rapido (rapid onset disasters). Tra i fenomeni più significativi, sotto il primo ambito rientrano l’innalzamento del livello del mare, la salinizzazione dei terreni agricoli, la desertificazione, la crescente scarsità d’acqua e l’insicurezza alimentare. Tra i fenomeni riconosciuti come disastri a sviluppo rapido causati dalla crisi climatica rientrano eventi estremi come alluvioni, ondate di calore, frane, gelo intenso, grandinate, incendi, inondazioni, trombe d’aria o tempeste.
A questo punto però dobbiamo dire che un evento estremo diventa effettivamente un disastro in relazione all’area in cui si verifica. In questo caso ci viene in aiuto la definizione di rischio da disastro, ossia le perdite che potrebbero verificarsi in un sistema (come un territorio), in un determinato periodo di tempo, calcolate in funzione del pericolo (la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi), dell’esposizione (il numero o il valore di ogni elemento a rischio) e delle condizioni di vulnerabilità (l’insieme di caratteristiche e condizioni che rende il sistema sensibile agli effetti del fenomeno).
Il rischio da disastro viene rappresentato come una equazione su cui possiamo agire sulle variabili per ridurre il rischio e quindi evitare che questi eventi si trasformino effettivamente in un disastro.
Rischio = Pericolo * Vulnerabilità * Esposizione
Dobbiamo però pensare anche a una soluzione alla crisi climatica
Quando pensiamo alle soluzioni alla crisi climatica dobbiamo volgere lo sguardo alle politiche pubbliche e a quello che chiamo “difficile rapporto tra democrazia e cambiamenti climatici”.
Per politiche pubbliche intendiamo ciò che fanno o non fanno le istituzioni, spesso insieme ad altri attori, per dare risposta a un problema collettivamente rilevante, come ad esempio la crisi climatica.
Le politiche climatiche sono quindi ciò che viene fatto o non fatto per ridurre le emissioni o prevenire e ridurre al minimo gli effetti della crisi climatica. In questo caso distinguiamo principalmente tra:
politiche di mitigazione: attività per la riduzione delle emissioni di gas serra e o per ridurre la loro concentrazione nell'atmosfera in modo da limitare il riscaldamento globale
politiche di adattamento: attività per anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate a prevenire o ridurre al minimo i danni che si possono causare oppure sfruttare le opportunità che possono presentarsi
Per affrontare adeguatamente le conseguenze dei cambiamenti climatici occorre affrontare in maniera integrata la riduzione del rischio da disastro anche attraverso le politiche di adattamento, non fermandosi solo a quelle di mitigazione.
In questo caso occorre parlare del ciclo di gestione del rischio da disastro, ossia l’applicazione di politiche e strategie di riduzione del rischio da disastro per prevenire nuovi rischi, ridurre il rischio esistente e gestire il rischio residuo, contribuendo al rafforzamento della resilienza e alla riduzione delle perdite.
Come vedi, parlo di attività perché le politiche sono costituite sia da elementi materiali (leggi, atti, piani) sia da elementi immateriali (comportamenti o prassi) e anche la scelta di non affrontare un problema o di non prevedere l’intervento pubblico può essere considerata una politica pubblica.
Inoltre occorre ricordare che politiche pubbliche sono frutto di un insieme di decisioni in cui sono coinvolti degli attori che hanno potere di prendere queste decisioni nelle diverse fasi del policy-making. Anche se le istituzioni mantengono un potere rilevante, ad esempio anche le imprese possono concorrere nella definizione di una politica mentre molte altri soggetti ne rimangono esclusi.
Il rapporto difficile tra democrazia e cambiamenti climatici
La crisi climatica ci invita a ripensare il modo in cui il potere decisionale viene distribuito e a cambiare le equazioni di potere lungo le diverse fasi del policy-making. Per questo penso che ci siano alcuni grossi guai o criticità:
Il cambiamento climatico non ha confini, è una questione globale e tutti i Paesi partecipano all'accelerazione dei cambiamenti in corso e possono essere colpiti dai suoi effetti
Rischio di “Policy Capture”: le politiche (climatiche) potrebbero essere influenzate da interessi privati (es. le imprese) piuttosto che da interessi collettivi
Diversa esposizione al rischio: ognuno è esposto in modo diverso agli effetti del cambiamento climatico a seconda delle circostanze personali, sociali, economiche o geografiche
Orientamento al breve termine e bias del futuro: spesso le democrazie si concentrano sui risultati a breve termine a scapito degli interessi a lungo termine anche per perseguire interessi elettorali.
Ed è così che oggi, nel 2025, subiamo gli effetti delle decisioni prese nel 1960, anche pilotate da interessi privati, e se non ci sarà un cambio di passo gli effetti saranno sempre più devastanti col passare del tempo con gravi conseguenze per le generazioni future.
In tutto ciò perché parliamo di crisi climatica?
Dopo tutte queste lettere riversate su un foglio elettronico, occorre dire che la verità è che stiamo vivendo un'emergenza planetaria che non coinvolge solo ghiacciai e orsi polari, ma le fondamenta della società. La crisi climatica è un problema ambientale e sociale, ma anche una questione di etica, economia e potere (tanto per dirne alcuni).
Chi colpisce di più? Le comunità in una condizione di maggiore vulnerabilità, ad esempio le fasce già svantaggiate per reddito, genere o etnia in un Paese autoritario, omofobo e xenofobo. Non a caso, il rischio climatico e le disuguaglianze sociali sono stati definiti dal World Economic Forum come due volti della stessa crisi.
In altre parole, è impensabile affrontare la crisi climatica senza affrontare anche quella sociale. Ecco perché entrano in gioco concetti come intersezionalità, ecofemminismo, giustizia climatica e giustizia intergenerazionale. Per questo negli anni la pressione dal basso è cresciuta e milioni di giovani (e non solo) sono scesi in piazza con movimenti come Fridays for Future, Extinction Rebellion e tanti altri, chiedendo azioni concrete e immediate. Questa mobilitazione ha già ottenuto risultati, spingendo molti governi a dichiarare l'emergenza climatica e ad adottare politiche più audaci, ciò ci dimostra anche quanto l’attivismo sia importante per affrontare la crisi climatica.
Perché iscriversi a “Lettere nella crisi climatica?
Lettere nella crisi climatica è una community per parlare di tutto questo e uno spazio in cui lanciare lettere su un foglio per iniziare a orientare qualche pensiero su quello che stiamo vivendo.
Questo spazio nasce come un luogo di creatività molto personale ma anche da una frase che mi frulla in testa da tantissimo tempo: “la crisi climatica ci costringe a scegliere che umanità vogliamo essere”.
Immaginiamoci tra vent'anni, guardare negli occhi un giovane e di poter dire che ci abbiamo provato davvero. Che ci abbiamo provato a consegnare un mondo vivibile, in cui abbiamo ridotto le disuguaglianze, in cui ognuna e ognuno può essere chi vuole senza sentirsi discriminata in quanto persona e un mondo in cui possiamo dire che finalmente abbiamo imparato a condividere il potere.
Ecco, Lettere nella crisi climatica vuole essere un percorso verso un futuro desiderabile e puoi unirti iscrivendoti in modo da avere pieno accesso alla newsletter gratuita e all’archivio delle pubblicazioni. Non perderti mai un aggiornamento, in questo modo ricevi ogni nuova lettera direttamente nella tua casella di posta elettronica o sull’App.
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