Lo short-termism e il problema del futuro
Ecco perché l’orientamento al breve termine ostacola le soluzioni alla crisi climatica
Lo short-termism (o cortotermismo) è uno di quei concetti da conoscere per capire la società nella crisi climatica. Dovrebbe essere abbastanza intuitivo: cambiamenti climatici e democrazia hanno una relazione complicata e l’attuale sistema decisionale non è propriamente adatto ad affrontare gli eventi futuri.
Con short-termism si intende l’orientamento al breve termine degli individui e delle comunità per cui, a causa di meccanismi psicologici e culturali, preferiamo ottenere risultati nel più breve lasso di tempo, anche a discapito di interessi a lungo termine. Se ci pensi è un meccanismo “letale” per le democrazie contemporanee dato che lo short-termism si traduce nella tendenza dei governi a preferire il raggiungimento di obiettivi per interessi elettorali.
Un problema non da poco considerando che parlare di crisi climatica significa prendere in considerazione non solo gli eventi presenti ma anche gli eventi futuri. Ed ecco spiegato perchè in questa lettera ho deciso di parlare con te di short-termism.
Lo short-termism e il futuro oltre la siepe
Affrontare la crisi climatica è come trovarsi nel cuore di un labirinto, abbiamo davanti a noi delle siepi altissime che ci ostacolano la vista e numerose strade tra cui scegliere. Solo una di queste ci permetterà di uscire sani e salvi ma non vediamo quale.
Ogni persona cerca di orientarsi come meglio crede, magari facendo “ambarabà ciccì coccò” o seguendo una indicazione che ha letto da qualche parte. Sia per rituale magico, sia per pseudoscienza o per innate doti investigative, sceglieremo quella strada che ci mette meno paura e, bivio dopo bivio, ci convinceremo che quella è la via giusta per raggiungere l’uscita.
Però procediamo alla cieca perché in questo modo, istintivamente, ci concentriamo sul singolo bivio che in quel momento rappresenta la sfida da affrontare. Tuttavia per uscire dovremmo cambiare prospettiva, vedere il labirinto dall’alto per capire quale è la via migliore, un po come quando nella settimana enigmistica parti dalla fine per tracciare la soluzione del rompicapo.
Lo short-termism è un po questo: cercare di raggiungere immediatamente un risultato prendendo una decisione quando invece ci sarebbe bisogno di fare zoom-out per vedere la situazione complessiva e orientarci verso la reale soluzione.
Ma vediamo di cosa sto parlando, non vorrei che mi prendessi per il solito radical chic.
Cos'è la teoria dello short-termism e cosa significa?
La teoria dello short-termism, o in italiano cortotermismo (anche se preferisco “orientamento al breve termine”), ci dice che le società sono eccessivamente focalizzate sui risultati di breve periodo a scapito di quelli che possono essere raggiunti più in là nel tempo (o nel lungo periodo). Lo short-termism può essere considerato come una lente con cui leggere diversi ambiti come la finanza, le decisioni aziendali, la leadership, le scelte personali o le politiche pubbliche.
Ma perché tendiamo a preferire ricompense immediate? La scelta di soddisfare subito i nostri desideri ha radici psicologiche che sono state individuate nel “bias del presente”, detto anche hyperbolic discounting, e nel “bias del futuro”, o più precisamente planning fallacy.
Il bias del presente ci dice che prendiamo decisioni per ottenere una gratificazione immediata e sulla base delle nostre emozioni, ignorando però la possibilità di “guadagno” differite nel tempo. Nella vita di tutti i giorni il nostro comportamento è influenzato da un meccanismo “premi” e “punizioni” che ci porta a essere più attratti dalle cose piacevoli (come mangiare un dolce) e a essere respinti da cose più spiacevoli (come andare dal dentista). In questo caso il fattore tempo è tutto e condiziona il modo in cui decidiamo: ci interessano molto di più aspetti che riguardano il presente e molto di meno quelle che riguardano il futuro anche perché siamo molto più motivati ad agire per quello che ci tocca da vicino e molto meno per ciò che non vediamo o sembra lontano.
Allo stesso tempo il bias del futuro afferma che siamo abituati a pensare in modo lineare e che il presente descrive l’apice della nostra realizzazione, di conseguenza siamo incapaci di immaginare grandi cambiamenti esponenziali per il futuro. Per capirci meglio, immagina il tempo con cui è avvenuta la rivoluzione degli smartphone e con cui si è arrivati all’introduzione delle intelligenze artificiali di massa. Ecco, è cambiato tanto ma intuitivamente siamo portati a pensare che siamo arrivati all’apice e che nei prossimi 10 anni non ci saranno cambiamenti della stessa portata. Questa incapacità di immaginare il futuro e di pensare in modo esponenziale ostacola la possibilità di leggere le conseguenze di ciò che accade in tempo reale e quindi di pianificare.
La questione dello short-termism però non ha solo radici psicologiche ma anche culturali e ciò ci dovrebbe far riflettere sulle società nella crisi climatica.
Queste norme comportamentali derivano in gran parte da società “pre-tecnologiche” e “pre-globalizzazione” dove per le comunità tutto quello che contava era ciò che accadeva intorno a loro. Spesso il “mondo” era semplicemente quello che accadeva nella casa, nella polis o nel villaggio mentre i cambiamenti erano lentissimi, le aspettative di vita più brevi e gli effetti a lungo termine molto più contenuti. La stessa percezione del tempo era legata al passare dei giorni o ai tempi naturali del raccolto. Riflettere sulla società nella crisi climatica ci invita a pensare anche al fatto che in una società tecnologica come quella di oggi è tutto diverso. La società nella crisi climatica è iper-globalizzata e quello che si decide in uno Stato può avere degli effetti a cascata. Anche lo sviluppo tecnologico e come noi interagiamo con esso si muove sempre più velocemente. Capisci come quei bias che abbiamo visto possono creare disastri?
Comunque è curioso notare come John Locke, filosofo del 1600 e “padre” del liberalismo inglese, individuava il potenziale “civilizzatore” degli esseri umani nella loro capacità di trasformare la natura attraverso il lavoro. Nella sua concezione dello stato di natura, un’ipotetica condizione in cui gli umani non sono ancora associati fra di loro, l’essere umano non è capace di aspettare per la soddisfazione dei propri bisogni ma solo attraverso un “atto di trasformazione” (qualcuno dirà anche “atto di dominio sulla natura”) diventa in grado rimandare nel tempo questo desiderio di appagamento. Ciò va di pari passo allo sviluppo tecnologico, pensa al semplice fatto di avere la possibilità o meno di conservare i cibi!
È indubbio quindi l’umanità abbia fatto di tutto per rompere i limiti della natura e rubare sempre più tempo ad essa, ma cosa se ne fa di ciò? Più allunghiamo l’orizzonte temporale delle nostre azioni attraverso questa mentalità tecnologica, maggiori saranno gli effetti nel lungo periodo. Forse dovremmo iniziare a trovare un senso al tempo che sottraiamo alla stessa natura.
Perchè lo short-termism è un problema?
Lo short-termism è un problema perché porta a una condizione di “presentismo” in cui il tempo storico si contrae all’interno di un orizzonte concettuale ed esistenziale in cui tutto, ogni evento e fatto, appare schiacciato e simultaneo. È come rimanere fermi correndo sul posto: rispondiamo immediatamente a ogni stimolo ma non progettiamo il futuro.
Lo short-termism può avere diversi effetti negativi come quello di impedire agli investimenti di raggiungere il loro pieno potenziale influire sulla crescita economica e sull'innovazione o aggravare ulteriormente i problemi ambientali, climatici e sociali esistenti perché percepiti come parte degli eventi futuri.
Per questa su mancanza di progettualità futura, lo short-termism comporta dei problemi per l’azione collettiva perché prevarrà quasi sempre l’interesse individuale. Ne è un esempio emblematico la crisi finanziaria del 2008 dove molti gestori finanziari e istituzioni hanno puntato su profitti immediati rendimenti elevati nel breve termine sottovalutando i rischi sistemici e il possibile impatto negativo nel lungo periodo. Insomma, sappiamo come è andata.
Pensare al futuro per affrontare le conseguenze della crisi climatica
Per andare oltre lo short-termism bisogna cambiare il punto di vista e allungare gli orizzonti sugli effetti delle nostre scelte. In altre parole dobbiamo tornare a immaginare il futuro e a farlo insieme, per questo discipline come i Futures Studies possono aiutarci.
Avere un approccio a lungo termine significa usare il microscopio per vedere quei piccoli segni che ci possono aiutare ad anticipare le tendenze future e usare il telescopio per scrutare l’orizzonte temporale. Però per capire dove puntare quel telescopio o cosa mettere nel microscopio dobbiamo tornare a parlarci e a confrontarci anche solo per capire quale mondo vogliamo per il nostro futuro.
Non è facile chiedere a un individuo di reagire davanti a pericoli non ancora visibili ma come esseri umani abbiamo l’abilità di immaginare il futuro e organizzarlo in un progetto. Diversamente dal passato poi, nessuno può salvaguardare il proprio spazietto senza preoccuparsi del sistema nel suo complesso, sopratutto per quei problemi che hanno effetti nel lungo periodo.
Non è impossibile. Recentemente ci sono state delle pratiche che hanno affrontato il dilemma del porcospino attraverso le assemblee deliberative per il clima e lo hanno fatto attraverso la tecnica del backcasting, un metodo di pianificazione che parte dall'immaginare un futuro desiderabile per poi lavorare a ritroso identificando le azioni e le politiche necessarie a raggiungere tale obiettivo partendo dal presente. Un po come risolvere il labirinto partendo dalla fine, no?
Bene, abbiamo più bisogno di parlare di futuro e questo non vuol dire rinnegare la nostra memoria, vuol dire farne tesoro in modo riflessivo. Solo così inizieremo ad aiutarci a vicenda per vedere oltre la siepe e trovare la via d’uscita.
E tu cosa ne pensi? Cosa è per te il futuro? Ti aspetto nella sezione commenti :)
Questa lettera è uno spazio per riflettere insieme sulla crisi climatica per andare oltre all’incomunicabilità con cui viviamo queste sfide. Quindi certamente ti leggo e ho cura di ogni tua interazione: scrivimi, commenta, condividi o lascia un cuoricino. Costruiamo insieme la community di Lettere nella crisi climatica.