Lo storytelling: l’arte di raccontare (e cambiare) il mondo
Cos’è lo storytelling e perché narrare storie è un atto così potente da poter plasmare il futuro?
“Storytelling” è una parola che sta caratterizzando la contemporaneità e che descrive l’atto del raccontare storie, l’essenza pura del “narrare”. Narrazione e storytelling sono infatti due parole che è facile trovare in coppia: la prima si concentra sull’aspetto di esporre dei fatti e di descrivere vicende o personaggi, la seconda cerca di rendere più “memorabile” questa esposizione cercando di suscitare emozioni e creare legami con chi ascolta. In altre parole l’obiettivo dello storytelling è quello di farci immergere nelle storie cosi tanto da poterle vivere in prima persona.
Mi ricordo ancora quando da bambino mi sdraiavo sul letto dei miei genitori per ascoltare i CD delle fiabe sonore. Posso chiudere gli occhi è sentire ancora riecheggiare le parole “A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar…”. Le stesse emozioni però me le hanno suscitate le numerose storie contenute nelle VHS, nel Topolino del mercoledì o nei libri di Geronimo Stilton che consumavo avidamente. Col tempo ho iniziato a nutrirmi di storie attraverso i videogiochi, i fumetti, i manga, il cinema, le canzoni rap e molto altro.
Ognuna di queste storie era un viaggio guidato dallo stupore, dalla curiosità, dalla paura e dall’amore. Mentre prendevo sonno potevo grazie alle storie che consumavo potevo provare tutte le emozioni che l’umanità ha sperimentato perché con l’immaginazione creavo interi mondi semplicemente chiudendo gli occhi mentre aspettavo il futuro realizzarsi. Questo per me è il senso dello storytelling ma vorrei raccontarti perché è cosi importante e come può esserci utile per fronteggiare la crisi climatica.
Cos’è lo storytelling?
Traducendolo dall’inglese il significato di storytelling è “raccontare storie”, mentre lo storyteller, è colui che racconta le storie. Solitamente con storytelling si intende l’atto di narrare usando principi della retorica e della narratologia per vari tipi di opere, audiovisive o letterarie, in molteplici settori. Lo storytelling può essere inteso anche come una metodologia didattica che usa le “narrazioni” con lo scopo di promuovere valori e idee, mettere in luce degli eventi e spiegarli secondo un preciso punto di vista che viene scelto dallo storyteller, in un contesto generale in cui le emozioni assumono grande risalto.
Si tratta si una pratica millenaria, già gli antichi avevano scoperto il potenziale pedagogico e didattico del “racconto di storie” attraverso l’epica e la mitologia. Con l’Iliade e l’Odissea si raccontavano degli episodi fondanti della storia di una civiltà per trasmettere valori e conoscenze fondamentali. I poemi greci racchiudono in sé un patrimonio quanto mai vasto di nozioni riguardanti la guerra, la religione, la famiglia o la caccia.
Chi ha inventato lo storytelling?
Di fatto la domanda “chi ha inventato lo storytelling?” non ha una vera risposta perché, intesa come arte di raccontare, è una pratica antichissima e profondamente radicata nella natura umana. In altre parole è l’umanità stessa ad aver inventato lo storytelling perchè “il raccontare storie” è una pratica emersa spontaneamente in tutte le culture come forma di comunicazione, trasmissione di conoscenze, costruzione di senso e coesione sociale.
Se invece ci riferiamo allo storytelling come “pratica consapevole con le sue regole” possiamo dire che numerosi autori hanno contribuito a teorizzare lo storytelling: da Aristotele con “la Poetica” (330 a.C.), passando per Joseph Campbell con “The Hero with a Thousand Faces” (1949), fino a Chris Vogler con la teoria del viaggio dell’eroe (1992). Personalmente posso consigliarti alcuni libri e autori per approcciarti allo storytelling come “Story” di Robert McKee, “Teorie della narrazione” di Guido Ferraro, “la scienza dello storytelling” di Will Storr , “Story or Die” di Lisa Cron e “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari.
Qual è la differenza tra “storytelling” e “narrazione”?
La crescente attenzione sullo storytelling ha portato molti a chiedersi quale sia la differenza con il concetto di “narrazione”. Per molti la narrazione è solitamente più spontanea e non implica necessariamente un obiettivo strategico (si racconta per il semplice piacere di raccontare), mentre lo storytelling implica una progettazione attenta che mira a generare un effetto come quello di informare, coinvolgere, cambiare percezioni, spingere all’azione.
Con lo storytelling non si vuole semplicemente “raccontare qualcosa”, ma si vuole far connettere profondamente le persone con quello che si racconta. Per questo ci sono “4 I” dello storytelling da tenere come bussola per far si che una storia sia perfetta:
Identificazione: la storia permette al pubblico di identificarsi con chi la vive;
Immedesimazione: la storia è raccontata in modo che il pubblico possa immedesimarsi nei personaggi e nelle loro emozioni, vivendo la storia con i propri sensi;
Ispirazione: la storia porta a ispirare chi ascolta offrendo nuovi immaginari, possibilità di cambiamento e modelli positivi;
Innesco all'azione: la storia fornisce un innesco concreto per passare all’azione.
Solitamente quando ci approcciamo a un prodotto di Storytelling scriviamo uno “story concept”, ossia una breve descrizione che chiarisce di cosa parla la storia, perché è rilevante o interessante, qual è il punto di vista o l'angolo narrativo scelto e quale emozione o riflessione si vuole attivare nel pubblico. Si tratta della "visione di base" della storia, scritta in modo sintetico, che guida tutte le scelte successive.
Oltre a questa, per un buon storytelling serve la famigerata “storyline”, questa ci aiuta ad avere una traccia da seguire e a individuare gli elementi che rendono speciali una storia. In particolare la storyline contiene l’ambientazione, i personaggi e i loro punti di vista, il conflitto (l'ostacolo, esteriore o interiore, o ciò che impedisce raggiungimento dell'obiettivo) Trama (il filo logico che rende comprensibile e lega la sequenza degli eventi), il tema (il messaggio centrale), il trono di voce (cio che dà l’emozione alla narrazione) e il cambiamento (fondamentale perché non c'è storia senza cambiamento).
Lo storyline non è altro che lo scheletro della nostra storia e possiamo disegnarla come il profilo di un rollercoaster per scandire quando avere momenti ascendenti o discendenti che possono emozionare o meno chi ascolta la storia. Nessuno si è mai innamorato di una storia piatta!
Perchè lo storytelling funziona cosi maledettamente bene?
Lo storytelling funziona maledettamente bene perchè crea un rapporto intimo tra il narratore e l’ascoltatore. Spesso si parla di “ponte” proprio per descrivere questo concetto metaforico che è l’elemento chiave dello storytelling: creare un legame tra due elementi come lo storyteller e l’ascoltatore, un brand con il pubblico o un politico con il proprio elettorato.
Lo storyteller non fa altro che creare una connessione tale che può spingerci ad agire facendo leva sulle nostre emozioni, ciò che desideriamo o ciò che ci fa paura. “Chi narra una storia” ha quindi una responsabilità enorme perché ha il potere di decidere cosa ascolteremo, influenzando di conseguenza quello che andremo a immaginare.
Lo storytelling funziona proprio perchè ci fa emozionare e rende le informazioni trasmesse con la storia più impresse nella nostra mente. In questo modo l’arte di raccontare storie diventa un atto trasformativo che crea una realtà immaginaria, una visione alternativa di un “mondo possibile”. Così le storie generano la volontà di trovare una soluzione o compiere scelte, anche difficili, per raggiungere quel mondo fino ad allora è solo immaginato.
Ti sei mai chiesta se per caso siamo andati sulla luna perchè proprio lì Orlando aveva perduto il suo senno? Oppure se la paura delle intelligenze artificiali sia stata alimentata da film come Terminator o Matrix? Le storie operano in modi per cui spesso non ce ne accorgiamo.
Dove si usa lo storytelling?
Ecco qui ci vorrebbe una risposta secca: lo storytelling si usa su tutto! Eccoti qualche ambito che ci interessa.
Marketing e branding
Qualcuno qui urlerebbe “Marketing is storytelling, babyyyy!”. Questo perchè sempre più milanesi impiegati nel marketing usano lo storytelling marketing per raccontare storie all’interno di una più ampia strategia volta a persuadere e suscitare emozioni nel consumatore. Per questo si è iniziato a parlare anche di Brand Storytelling come una tecnica che mira a creare un racconto intorno alla marca e alla sua visione. L'obiettivo è quello di trasmettere un'immagine coerente ed efficace del brand, evocando emozioni e stabilendo un legame emotivo con il pubblico ma anche con l’intento di migliorare la reputazione del brand stesso.
Politica e attivismo
Se lo storytelling usa “leve emotive” per stimolare le persone a compiere un azione, quale migliore applicazione potrebbe trovare se non nella politica e nell’attivismo? Le storie hanno il potere di creare un quadro condiviso di valori e hanno il potere di creare una comunità perchè riescono a veicolare un messaggio in grado di formare (o distorcere) la percezione di una comunità su un qualcosa e quindi di polarizzare il dibattito su quella cosa. Sarai d’accordo con me a notare un’enorme differenza negli effetti sul pubblico tra la frase “Il clima è sempre cambiato” e “la crisi climatica sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità”.
In particolare, in un contesto in cui anche i politici diventano un brand e si radicalizza la personalizzazione della politica, il rapporto tra “storytelling”, “politica” e attivismo è sempre più stretto per far si che i messaggi politici risuonino con le emozioni e i valori dell’opinione pubblica e di potenziali elettori.
Per farti un esempio, molti rimangono spiazzati dal fatto che la Corea del Nord di fatto è l’unica necrocrazia del mondo per cui il lo stato si governa formalmente attraverso il culto dello scomparso presidente Kim Il Sung. Proprio per rievocare un morto qualcuno direbbe “poveri comunisti” ma proprio colui che ha pronunciato queste parole sembrerebbe aver dato vita all’alternativa liberale: Fininvest ormai non è altro che una necrocrazia con capitale a Cologno monzese!
É una provocazione ma ormai sono condannato a festeggiare i miei compleanni, il 12 giugno, con lo speciale di turno a un certo numero di anni dalla morte di Berlusconi. Dimmi quello che vuoi ma considerando che sicuramente è una figura molto discussa nel panorama politico italiano, potrebbe essere questa una pratica di storytelling per rivalutare la vita del “Fu Silvio Berlusconi”?
Non è un caso che è sempre più frequente l’utilizzo dell’espressione “guerre tra storie” (dal libro Winning the Story Wars: Why Those Who Tell-And Live-the Best Stories Will Rule the Future) per indicare la lotta tra schieramenti politici o di attivisti nella narrazione degli eventi nelle nostre società. Ora ti domando: perchè secondo te opinione pubblica e media condannano le proteste ambientaliste, motivate anche da un interesse più generale, mentre quelle degli agricoltori vengono quasi santificate?
Storytelling per il terzo settore e l’europrogettazione: un alleato strategico per il project cycle management
Lo storytelling si sta affermando anche come strumento più strategico nel terzo settore e nell’europrogettazione. In un contesto progettuale europeo che richiede capacità di generare impatti misurabili ma anche di raccontare storie di cambiamento credibili e coinvolgenti, le narrazioni si rivelano preziose lungo tutto il project cycle management: dall’analisi dei bisogni alla co-progettazione, dalla valutazione all’attività di disseminazione.
Le esperienze più avanzate mostrano come lo storytelling possa integrare e potenziare le pratiche tradizionali di valutazione e gestione dei progetti. Non si tratta semplicemente di "raccontare storie", ma di attivare un processo riflessivo e partecipativo che consente di:
raccogliere narrazioni autentiche dai diversi stakeholder coinvolti;
far emergere impatti relazionali, trasformativi e intangibili difficili da cogliere con soli indicatori quantitativi;
rafforzare il senso di ownership o appartenenza delle comunità coinvolte;
alimentare un ciclo di apprendimento organizzativo.
Nel terzo settore, dove i progetti spesso operano su dimensioni complesse lo storytelling si configura come una metodologia di monitoraggio e valutazione narrativa in grado di restituire valore all’esperienza vissuta da chi partecipa. Tecniche come la Most Significant Change (MSC), il systemic storytelling o la participatory narrative inquiry permettono di costruire un racconto a più voci del progetto.
Nell’europrogettazione e nel project cycle management, lo storytelling è oggi una risorsa chiave per:
integrare la dimensione qualitativa nei piani di monitoraggio e valutazione;
arricchire la comunicazione di progetto con storie di impatto umano rilevanti per la disseminazione;
attivare processi di co-progettazione narrativa nei percorsi partecipativi e deliberativi;
nutrire la fase di capitalizzazione dei risultati anche con la creazione di “policy narrative”.
Il potere dello storytelling nella crisi climatica
Lo storytelling può essere un alleato utile anche per raccontare e affrontare la crisi climatica. Non basta più diffondere dati o allarmi: servono storie capaci di diminuire la distanza che le persone percepiscono con gli impatti dei cambiamenti climatici, generando empatia, senso di responsabilità e voglia di agire.
Il problema principale della crisi climatica è che viene percepita come astratta fino a che non vivi direttamente i suoi effetti. Lo storytelling può permettere di rendere più concreta la crisi climatica raccontando le storie, ad esempio, di contadini che affrontano la siccità, le comunità che sperimentano soluzioni innovative o giovani che costruiscono nuovi immaginari per il futuro. Solitamente le storie più efficaci nell’ambito della crisi climatica sono quelle che bilanciano onestà sui rischi e visione di futuri possibili, evitando sia narrazioni eccessivamente catastrofiste che rassicurazioni illusorie.
Anche per questo è sempre più urgente adottare uno storytelling plurale, che dia spazio alle voci delle comunità più colpite spesso escluse dai media mainstream, e comprendere quale sia il modo più giusto di farlo. Il concetto di narrative sovereignty — ovvero il diritto dei popoli e delle comunità di raccontare la propria esperienza climatica — sta diventando oggi centrale.
Infine, serve ampliare i canali e i formati dello storytelling climatico: dal cinema alle serie TV, dai videogiochi alle immagini sui social media, ogni linguaggio ha un potenziale enorme per mobilitare nuovi pubblici. In questo processo, la sfida è quella di superare la polarizzazione cercando di fornire narrazioni corali che rafforzino il senso di responsabilità collettiva.
Lo storytelling nella cultura popolare (Pop culture)
Tutto ciò che possiamo inquadrare nella cultura popolare, o pop culture, è profondamente radicato nello storytelling. Personalmente sono molto legato a tutto il tema della remix culture e a ciò che riguarda il rap come genere che più di tutti si nutre di uno storytelling che intende raccontare la propria realtà da un punto di vista antisistema, fuori dal mainstream.
Per sua natura il rap storytelling ha la forza di rievocare immagini ed emozioni forti. Proprio in questi giorni stavo ascoltando molti brani della scuola rap romana e canzoni come “Lode a dio” di Piotta, “il mio quartiere” di Rancore o “Sanatoria” di Noyz Narcos riescono a farmi sentire i brividi sui peli delle braccia mentre talvolta mi commuovono o provocano un forte senso di nostalgia perché raccontano una Roma che ho vissuto e che sento mia. Insomma, prendono il microfono per dirti “ora fermati che te spiego Roma”.
Oltre al rap, penso che nella cultura popolare i videogiochi siano l’espressione più alta dello storytelling proprio perchè ci permettono di simulare e immergerci quasi fisicamente nelle storie. Spesso ci mettono davanti a scelte difficili che non potremmo mai e poi mai provare nella vita reale. Spesso banalizzati, i videogiochi ci permettono di cambiare panni, di riflettere su temi molto importanti per la nostra condizione di essere umano o su temi di attualità proprio per quella capacità di farci fare “esperienza” immergendoci nelle storie attraverso il gioco.
Alcuni esempi di storytelling
Lo storytelling oggi è multiforme: possiamo raccontare storie attraverso dati, mappe, immagini, video, piattaforme transmediali. Se sei in cerca di un consiglio o di esempi per migliorare l’arte dello storytelling la cosa migliore è fare tanta pratica e nutrirsi di storie. Un ottimo esempio si storytelling può essere la storia raccontata da un familiare, dal tuo scrittore o regista preferito, uno sceneggiatore ma anche un'influencer, uno youtuber o un divulgatore.
Per imparare a fare storytelling è fondamentale essere in contatto con se stessi, lasciarsi ispirare da quelle storie e cercare di capire perchè quelle storie hanno avuto quell’effetto. Insomma devi dissezionare quella storia e quello che ti ha fatto sentire ponendoti tante domande. Su questa base puoi poi sperimentare con questi 7 tipi o esempi di storytelling.
Il digital storytelling
Il digital storytelling è l’arte di raccontare storie utilizzando i linguaggi e le potenzialità dei media digitali. Combina testo, immagini, suoni, video e interattività per creare esperienze narrative coinvolgenti. Il progetto Bear 71 del National Film Board of Canada è una storia interattiva che segue la vita di un'orsa grizzly attraverso un ecosistema monitorato da telecamere e sensori. Il pubblico naviga una mappa interattiva e partecipa alla narrazione.
Il visual storytelling
Il visual storytelling utilizza principalmente le immagini (foto, illustrazioni, video brevi, GIF, elementi grafici ma anche meme) per raccontare una storia in modo immediato e accessibile.Le campagne di UNICEF e Medici Senza Frontiere spesso raccontano crisi umanitarie attraverso serie fotografiche e grafiche che combinano immagini forti e micro-testimonianze.
Il data storytelling
Il data storytelling consiste nel trasformare i dati in storie accessibili e comprensibili, combinando visualizzazione, narrazione e contesto per renderli significativi. La newsletter “Ti spiego il dato” di Donata Columbro è una vera scuola per comprendere cosa signfica storytelling con i dati.Un caso concreto è Our World in Data, che spesso accompagna grafici complessi con testi narrativi che aiutano il pubblico a comprendere l'impatto dei numeri sulla realtà. Un libro molto famoso sul tema è WStorytelling with DataW di Cole Nussbaumer Knaflic.
Il “Map storytelling”: lo storytelling fatto con le mappe
Il map storytelling utilizza mappe interattive come strumento narrativo. Le mappe diventano il filo conduttore per raccontare luoghi, storie, trasformazioni sociali o ambientali.
Transmedia e storytelling
Il transmedia storytelling consiste nel raccontare una storia su più piattaforme e canali, dove ogni medium offre un contributo specifico all’esperienza complessiva. Ad esempio il progetto Welcome to Night Vale parte come podcast narrativo e si espande con libri, eventi dal vivo, social media e merchandising, permettendo al pubblico di esplorare la storia da molteplici punti di vista.
Lo storytelling fotografico
Lo storytelling fotografico costruisce narrazioni attraverso sequenze di immagini fotografiche, spesso accompagnate da testi o testimonianze. Humans of New York racconta storie umane attraverso fotografie e brevi testi pubblicati su social media. È un esempio potente di come un'immagine e poche righe possano evocare emozioni profonde.
Il video storytelling
Il video storytelling sfrutta la potenza narrativa del video per raccontare storie coinvolgenti, combinando immagini in movimento, suono, voce narrante e montaggio. Con Large Movements APS abbiamo sperimentato questo tipo di storytelling con “Storie di esseri umani”, una serie di video che racconta la storie di persone che sono migrate in Italia.
Perché secondo te lo storytelling è così potente?
Forse non lo sai ma il mio nome trova ispirazione da Rainer Maria Rilke, oltre che da altre mille coincidenze. Rilke è considerato come uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo e questa cosa suscitò in me tantissima curiosità e, in un certo senso, è stata la scusa con cui mi sono avvicinato alla scrittura.
Ti parlo di ciò perché secondo me Rilke ha colto un aspetto essenziale dello storytelling e, più in generale, delle narrazioni: “l’opera d’arte significa creare un’immagine della vita profonda che va oltre il quotidiano per farne esperienza fino in fondo in ogni tempo”. Ora, mi potresti guardare male se ti avessi di fronte ma ho sempre interpretato questa frase come l’intenzione del narratore di raccogliere il senso delle cose, i profumi, le sensazioni e i ricordi di un dato momento ma far si che tutto questo risuoni anche nell’anima di chi verrà tra cent’anni.
Questo è quanto mai importante da capire perché nel “narrare” si confondo interpretazioni, fatti o immaginazioni che parlano con il nostro “sentire” e contribuiscono a creare una visione che a sua volta può orientare il nostro “andare” verso il futuro e la società che vi abiterà.
Negli ultimi anni infatti riusciamo sempre meno a tenere distinti il piano della realtà “che viviamo”, dal piano della realtà “veicolata” delle informazioni diffuse da mezzi di comunicazione come la TV, la Radio, la Stampa o i Social. Quanto più le narrazioni sono potenti, tanto più “la bolla più popolata” da una certa narrazione riecheggia nelle persone e influenza quello che l’opinione pubblica pensa su un determinato tema, sulla sua priorità e sulla direzione che deve prendere il nostro futuro.
Queste sono solo le mie riflessioni e non pratico l’ortodossia del pensiero, vorrei sapere secondo te perchè lo storytelling e le narrazioni sono cosi potenti. Ti aspetto nei commenti!
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