Arnaldo Pomodoro: lo storytelling nelle opere dell’artista
Ecco un articolo per scoprire Arnaldo Pomodoro e il significato dietro le sue opere
Recentemente, il 22 giugno 2025, è venuto a mancare Arnaldo Pomodoro: uno dei più grandi esponenti e visionari della scultura contemporanea italiana. Giusto qualche giorno prima ero rimasto colpito dal suo Labirinto, che si trova negli antri della fondazione Fendi a Milano, e avevo deciso di scrivere “qualcosa” per continuare a riflettere sullo storytelling e sulla sua capacità di raccontare e cambiare il mondo.
Arnaldo Pomodoro è morto alla vigilia dei suoi 99 anni nella Milano che lo ha accolto dal 1954 e lascia un’eredità immensa coltivata anche grazie al suo mentore Lucio Fontana. Per capire Arnaldo Pomodoro penso che bisogna partire dalla sua consapevolezza del fatto che l’Artista è parte di un tessuto culturale in cui il suo contributo attivo è nelle relazioni che scolpisce creando relazioni con gli altri artisti e gli spettatori.
Del resto Arnaldo Pomodoro diceva che “l’arte è un labirinto”, una frase che per me simboleggia quello che intendo per “storytelling” quando mi sono ritrovato davanti alle sue opere. Dentro al suo labirinto ho avuto la sensazione che ogni spettatore potesse costruire una propria storia guardando l’opera di Arnaldo Pomodoro: oggetti geometrici che presuppongo l’idea della perfezione ma che, come la vita reale del resto, hanno delle imperfezioni, complessità o segni particolari che non sono visibili a un primo sguardo.
Arnaldo Pomodoro, lo storytelling delle forme
Arnaldo Pomodoro ha studiato da geometra e ha iniziato a dedicarsi alla scultura a partire dagli anni ‘50 evolvendo il proprio stile adattandosi di volta in volta alle caratteristiche del materiale usato: prima l'oro e l'argento, per dei monili, poi il ferro, il legno, il cemento, le resine e il bronzo, il quale rappresenta il materiale più iconico della sua arte.
Forse non lo sai, a meno che non ti occupi di grafica o illustrazioni, ma le “forme” hanno un proprio storytelling: il triangolo è una forma energetica e dinamica spesso associata al movimento e alla direzione, i quadrati e rettangoli rappresentano oggetti usati nella quotidianità che danno senso di solidità e sicurezza, mentre il cerchio può raccontare l’eternità e il ciclo della vita. Sono solo degli esempi che forse centrano poco con quello di cui ti sto parlando ma penso che abbia importanza nella misura in cui nell’arte di Arnaldo Pomodoro domina un rigoroso “spirito geometrico” per cui ogni forma tende all'essenzialità volumetrica della sfera, del cubo o del cilindro.
Grazie a Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro fa quel passo in più e trova una coerenza tra lo spazio esterno dell’opera e le sue strutture interne. Nelle opere di Pomodoro spesso lo spazio esterno ha un ruolo di secondo piano, tutto si svolge nelle viscere nell’opera stessa e nell’interazione che lo spettatore ha con essa.
Le opere di Arnaldo Pomodoro celebrano una creatività di artigianato spontaneo e fantastico che rivela una sacralità arcaica che si fonde con le culture di tutto il mondo, dai babilonesi agli aztechi passando per l’antico egitto. L'alfabeto cuneiforme è uno degli elementi all'origine della poetica espressiva di Pomodoro e il suo utilizzo crea una dimensione eterna in cui si fondono lo spazio del vissuto (dove è presente lo spettatore) e la memoria (richiamata dalle ispirazioni arcaiche).
Klee, il maestro di Arnaldo Pomodoro
Una volta a New York, visitando una mostra al Museum of Modern Art nel 1987, Arnaldo Pomodoro pensò che rivedendo nuovamente le opere di Klee ha avuto la conferma che la sua grandezza straordinaria avesse avuto una profonda influenza sul suo lavoro di scultore e la sua ricerca.
Klee inventava sempre con varianti continue e tocca sempre nuovi temi con piccoli tasselli sparsi che da vicino non si riesce a leggere bene, solo a distanza (e per un artificio artistico profondo) è possibile accorgersi di essere di fronte a un paesaggio. Per Arnaldo Pomodoro, Klee affascina per il mutamento continuo attraverso cui emerge il suo stile anche se l’autore non vuole presentare il suo stile bensì le proprie invenzioni.
Pomodoro scopre Klee a 24 anni, mentre viveva a Pesaro e lavorava al Genio Civile. Lì incontrava spesso amici professori di un Istituto d’arte mentre lentamente stava passando all’arte attraverso la scenografia. Lui stesso dichiara che una volta prese in mano un libro in cui vide alcuni paesaggi di Klee e la sua Testa di Bob. Fu un esplosione per il giovane Pomodoro che si vergognava della propria capacità nel disegno.
Arnaldo Pomodoro trova una profonda ispirazione in Klee e come lui il fare artistico diventa creazione di “forme e spazi” che vengono generate secondo una precisa tessitura in sintonia con il ritmo delle proprie pulsioni. Pomodoro affermò che se è riuscito a portare una certa “scrittura” nella scultura è stato proprio grazie all’influenza di Klee e alla sua passione per la propria interiorità inventiva così grande agli inizi dell’Espressionismo e dell’Astrattismo.
Il “fare artistico” di Pomodoro vuole prescindere dalle cose così come appaiono per giungere a una profondità che è poco oltre l’immediato così da riassumere tutta l’essenza della realtà e dei suoi molteplici significati. In altre parole “genera il reale” per farlo con una nuova forma che vada oltre il conosciuto, solo così raggiunge nuove sfumature di poesia che fanno emergere l’essenza nascosta delle cose.
Nella sua concezione l'artista, e in particolare lo scultore, ha una funzione demiurgica di creazione della realtà, in cui la scrupolosità del lavoro artigiano e materiale si fonde con una concezione drammatica, misteriosa e quasi esoterica, arrivando a unire anche spazio e tempo grazie a corrosioni, espansioni, riproduzioni.
La ricerca di Arnaldo Pomodoro
L’arte di Arnaldo Pomodoro è stata una ricerca continua che lo ha portato all’esplorazione totale dello storytelling delle forme geometriche. Attraverso sfere, coni, piramidi e solidi euclidei racconta la storia senza tempo dell’essenza umana: la bellezza della forma, simbolo della perfezione a cui l’umanità aspira, viene modificata nelle sue geometrie con fratture, che sono espressione delle corrosioni delle inquietudini, della difficoltà quotidiana, attraverso le quali è possibile vedere il buio e la luce e il nucleo interno.
D’altronde tutte e tutti hanno cercato di “pianificare” la propria esistenza scegliendo il percorso di studi per quel lavoro lì in modo da avere un certo status in un anno esatto della nostra vita ma ovviamente la vita è molto più complessa e al massimo può essere brutalmente paragonata a un cambio continui di direzioni tra un piano di vita e l’altro.
Il Labirinto di Arnaldo Pomodoro tra scultura e storytelling
Per Arnaldo Pomodoro l’archetipo del labirinto è un luogo onirico e ineffabile che tutti noi conosciamo e sperimentiamo. Il labirinto rimanda all’eterna sfida del segreto della vita e che nei millenni si è manifestato nel mito e nelle arti.
Il labirinto di Arnaldo Pomodoro è un invito nei meandri di un percorso, dove il tempo è trasformato in spazio e lo spazio a sua volta diventa tempo. Perché il labirinto non può che essere percorso, nel suo stesso svelarsi motore oscuro di ogni esperienza umana che sempre si compie tra slanci e impasse, arresti e riprese: nel suo progredire verso una maturità che è ritorno all'origine e alla sua incertezza. Il labirinto stesso ha una natura circolare.
Riflettendo sulla propria vita, Arnaldo Pomodoro la vede come l'attraversamento di un labirinto o di molti labirinti, un viaggio pieno di difficoltà e di incertezze. Il labirinto si ispira all'Epopea di Gilgamesh, primo poema epico della storia dell'umanità inciso su tavolette d'argilla in caratteri cuneiforme, e si tratta di un opera dai significati volutamente aperti. Al di là del significato delle singole sculture contenute nel labirinto, gli spettatori creano il proprio dialogo con il labirinto. È un omaggio al linguaggio e alla scrittura, che rimanda all'idea del labirinto come luogo di passaggio, di incontro e di comunicazione, come metafora del viaggio e della vita.
Il labirinto per Arnaldo Pomodoro rappresenta anche il suo rapporto con l’arte e la pittura, ma sopratutto con la terra e l’argilla che per lui rappresentano il foglio e la tela. Pomodoro era profondamente attratto dalla materia, aveva bisogno di toccare e trasformare. Il colore per lui era costituito dalle tonalità del metallo: piombo, rame, bronzo, ferro oppure dalle varie sfumature cromatiche dall'ocra al ruggine, sino al marrone e al nero, che il bronzo, esposto agli agenti atmosferici assume nel tempo per ossidazione.
Il labirinto di Pomodoro come rappresentazione del tempo e dello spazio
All’inizio del proprio lavoro Arnaldo Pomodoro era partito “imitando” le tavole degli ittiti e dei sumeri, oltre che i papiri egiziani, per comporre le proprie Tavole dei segni e le Tavole dell’Agrimensore con una fitta serie di segni, un tracciato di punti, nodi e fili, come una scrittura arcaica illeggibile. Nel labirinto si ritrovano i segni che lo hanno contraddistinto è uno dei sensi più profondi della sua arte: la rottura dei solidi è il modo di Arnaldo Pomodoro di mettere in dubbio il senso di perfezione e la simbologia assoluta di ogni forma mentre richiama civiltà arcaiche o visioni di mondi futuri come traduzione di quelle memorie in segni indecifrabili ed emblematici.
Il tempo è anche una misura interiore connesso alla concentrazione. Il labirinto in questo senso rimanda alla concezione di un tempo trasformato in spazio, che a sua volta ridiventa tempo che si espande, ritorna sui suoi passi, erra e si perde. Arnaldo Pomodoro pensa ciò ritenendo che viviamo in un periodo storico complesso e indecifrabile, un tempo chiuso, orfano delle lezioni del passato e delle speranze del futuro, e ci sembra di trovarci nei meandri di un labirinto claustrofobico e senza uscita. Per questo per Arnaldo Pomodoro dobbiamo riscoprirne il senso e i segreti, re-imparare a muoverci al suo interno con il coraggio e la pazienza, con la curiosità e la memoria. Sono soprattutto la capacità di immaginare e il piacere di perdersi ad essere essenziali per ritrovare l'orientamento.
La mia esperienza nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro
In una delle sue interviste Arnaldo Pomodoro aveva dichiarato, con voce ferma ed espressiva, di fronte al suo immenso Labirinto di aver trovato il suo ultimo lavoro, quello per accompagnarlo fin quando se ne sarebbe andato. Forse è un pò ironico il fatto che sono venuto a conoscenza di questa opera qualche giorno prima della sua morte perchè effettivamente il labirinto è uno dei luoghi più magici e stupefacenti che abbia mai visto.
Il labirinto di Arnaldo Pomodoro è stato realizzato tra il 1995 e il 2011 e si trova in via Solari 35 a Milano, dove una volta le Officine meccaniche Riva-Calzoni costruivano turbine e oggi c’è il quartiere generale Fendi. Lo spazio è di circa 170 mq per un’altezza massima di 3,80 m ed è realizzato con bronzo, rame, legno e fibra di vetro.
Durante la visita del labirinto l’invito è quello di perdersi, toccare i materiali e lasciarsi trasportare dall’intuizione. Sembrerà di entrare in dialogo con il labirinto e di iniziare a costruire uno strorytelling insieme al contesto in cui si è immersi. La stessa opera cambia interpretazione con l’interazione dello spettatore, facendo girare le porte o spingendo gli oggetti circolari.
Mentre ero lì, in uno scenario che poteva ricordare le scenografie di Blade Runner, potevo cercare di decifrare le iscrizioni attraverso le mie emozioni e sensazioni. Quel labirinto sembra custodire un segreto millenario tramandato dagli aztechi, gli egizi e i babilonesi che sembra sussurrare che la vita non è lineare come speriamo e che non possiamo programmare un intera esistenza. Semplicemente dobbiamo seguire il percorso, anche col rischio di tornare sui nostri passi, e adottare prospettive diverse per costruire nuovi significati.
Le altre opere di Arnaldo Pomodoro
Pomodoro spiegava che uno dei problemi della scultura è la fissità, data anche dalle basi che la fanno apparire, ancorata a terra. Uno dei suoi obiettivi principali, quindi, era quello di togliere la base, di dare movimento continuo all'opera. Questa ricerca continua è possibile ritrovarla in tutte le sue opere.
Le Sfere di Arnaldo Pomodoro
Arnaldo Pomodoro è famoso sopratutto per le sue sfere di bronzo che si rompono e rivelano il proprio interno allo spettatore. Il significato della sfera di Pomodoro si può vedere nel contrasto tra l’esterno del bronzo splendente e l’interno che nasconde universi fragili, sovrapposti e quasi meccanici.
Le sfere di Arnaldo Pomodoro sono state progettate per varie parti del mondo, come quelle che si possono trovare a Roma alla Farnesina e al Vaticano, oppure a Dublino e alla sede delle Nazioni Unite di New York. “Sfera con sfera” di Arnaldo Pomodoro raffigura il globo terrestre stesso. L’opera, composta da una sfera che cresce all'interno di un'altra sfera, può essere interpretata come simbolo dell'emergere di un nuovo mondo dal vecchio. Commentando “Sfera con sfera” Arnaldo Pomodoro ha detto che la scultura “riflette e accoglie l'ambiente con il suo complesso mix di immagini che possono essere viste sia come umanistiche che tecnologiche: un utero esterno liscio eruttato da forme interne complesse. Di grande attualità, la scultura vuole essere una metafora dell'arrivo di un nuovo millennio, una promessa di rinascita di un mondo meno travagliato e distruttivo.
In Sfera con Sfera Arnaldo Pomodoro ha provato a mettere la sua forma di “città ideale” come era pensata già dagli artisti del Rinascimento italiano. In questa opera deposita il proprio sogno e la propria speranza, per questo lo affida all’istituzione che rappresenta i diritti umani. Dietro alla sfera c’è un allegoria, per Arnaldo Pomodoro la sfera è un oggetto meraviglioso che viene dalla maga e dai maghi ma che allo stesso tempo può rappresentare il ventre materno. La Sfera è un oggetto straordinario perché per Arnaldo Pomodoro riflette qualsiasi cosa ci sia attorno e crea contasti che a volte si trasformano e a volte non tornano più.
Tutto quello che c'è dentro la sfera è invece l'energia in una forma. La sfera può rappresentare il mondo d'oggi che può essere corroso dalla civiltà tecnologica. Tuttavia il desiderio di Pomodoro è che, guardando la sfera, al suo interno ci sia una vitalità. Quello che muove Arnaldo Pomodoro a fare le sfere è proprio l’idea di rompere queste forme perfette e magiche per scoprirne (cercarne, trovarne) le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure. In questo modo provoca col lucido levigato un contrasto, una tensione discordante, una completezza fatta di incompletezza. Nello stesso atto, l’artista libera una forma assoluta, la distrugge e insieme la moltiplica. Così l’opera si può leggere continuamente, di giorno in giorno, perché non risponde semplicemente a un consumo (di arte), ma risponde a un bisogno di scoperta che è in tutti e che in tutti è insoddisfatto dalla meccanicità industriale.
Come tutte le opere di Pomodoro, anche le sfere trasmettono questo fascino senza tempo, quasi fantascientifico e meccanico. Questa fascinazione nascosta nelle sfere di Arnaldo Pomodoro, la prima realizzata nel 1963, ispirò George Lucas per le ambientazioni fantascientifiche di Star Wars (il primo film, conosciuto oggi come “Episodio IV - Una nuova speranza”, è del 1977). Notate qualcosa di familiare tra la morte nera e la sfera di Pomodoro? E tra il Millenium Falcon e il grande disco? A confermare la relazione tra i film e l’opera di Arnaldo Pomodoro nel 1996 fu prima il critico d’arte Pepe Karmel per il New York Times e successivamente la stessa Lucasfilm.
Una breve biografia del Pomodoro e dove trovare le sue opere
Nato a Morciano di Romagna il 23 giugno 1926, Arnaldo Pomodoro si trasferì a Milano nel 1954, dove visse per tutta la sua vita (in particolare vicino alla darsena di Porta Ticinese). Tuttavia viaggiò molto e di fatto fu un artista internazionale tant’è che le opere di Arnaldo Pomodoro sono presenti in diverse città del mondo. Se le stai cercando per poterle vedere da vicino, le puoi trovare a Lampedusa, Sorrento, Rimini, Pesaro, Genova, Roma (dove ci sono la sfera n.1 nel Cortile della Pigna presso i musei vaticani e la Sfera grande davanti all’ingresso della Farnesina), Milano, Monza, Pavia, Terni, Torino, Tivoli, Belluno, San Giovanni Rotondo (nella basilica di Padre Pio di Renzo Piano) Copenaghen, Brisbane, Dublino (nel Trinity College), Los Angeles, oltre a figurare al Mills College in California, nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani, nei maggiori musei mondiali e alle Nazioni unite.
Arnaldo Pomodoro e il legame con Milano
Prima di arrivare a Milano Arnaldo Pomodoro lavora come geometra e come orafo. Nella città meneghina però abbraccia appieno la volontà di esprimersi come scultore ed è qui che stabilisce il suo studio e, all’età di 65 anni, la Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Nei primi anni ‘60 si avvicina all'arte cinetica e partecipa al gruppo informale Continuità, di cui fa parte anche Lucio Fontana, e approfondisce così la sua riflessione di come nelle opere monumentali convivano in equilibrio le geometrie esterne e i meccanismi interni. Da qui nasce la sua passione quasi ossessiva per i solidi geometrici che diventato forme d'arte assolute, in cui scavare attraverso squarci, incisioni, inserzioni che a loro volta danno vita a moduli geometrici complessi.
La Milano in cui arriva Pomodoro è una Milano ancora in ginocchio per i bombardamenti ma dove c’era fermento, desiderio di ricominciare e artisti che dialogavano tra loro. Questa importanza del dialogo tra artisti è così significativa che risuona nelle sue ultime volontà: “Non museificate il mio studio”. Dietro a queste parole c’è l’indicazione di mantenere lo studio come luogo d’incontro di artisti e aperto agli studenti, un luogo vivo e vibrante dove si possano generare idee e fare cultura.
Arnaldo Pomodoro conobbe bene l’importanza della relazionalità e delle scambio anche per la propria arte dato che erano anni vivacissimi per Milano. Picasso aveva appena esposto «Guernica» nella sala delle Cariatidi bombardata; Fontana bucava le tele; Piero Manzoni inscatolava la «Merda d’artista»; Yves Klein dipingeva le modelle nude con il suo speciale colore blu e tutti si ritrovavano a bere e a discutere a Brera. La Milano artistica di quegli anni era un formarsi e sciogliersi di gruppi, percorsi individuali e periodi di movimenti.
A Milano Arnaldo Pomodoro amava la zona dei Navigli e nel 1968 acquistò il primo laboratorio ampliando lo spazio mano a mano che i locali attigui venivano abbandonati da negozianti o artigiani. Era il suo mondo. A Milano, oltre al labirinto, è possibile vedere altre opere.
In Piazza Meda è presente il “Disco Grande”, conosciuto anche come “Disco Solare”, una delle opere più iconiche a Milano. Con le sue forme geometriche e le sue superfici intricatamente scolpite, il disco grande rappresenta l’incontro tra arte e scienza. Il Disco Grande è stato realizzato da Arnaldo Pomodoro nel 1980 e rappresenta un disco fratturato e scolpito con precisione. L’artista ha descritto il disco solare come un’opera che esplora la relazione tra l’uomo e il cosmo, una meditazione sulla forza e l’energia dell’universo. Il disco stesso richiama l’idea del sole, una fonte di luce e vita, mentre le fratture e le incisioni possono essere interpretate come rappresentazioni delle complesse dinamiche dell’universo. Il Disco Grande di Arnaldo Pomodoro ha avuto un impatto significativo sulla cultura milanese perché è diventato un simbolo di modernità e innovazione, rappresentando l’impegno della città verso l’arte contemporanea.
Invece nel museo Poldi Pezzoli è possibile ammirare la maestria di Arnaldo Pomodoro come scenografo con la Sala delle Armi. La sala è un nuovo spazio all’interno del museo che ospita la collezione di armi e armature antiche di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, una delle più importanti in Europa. In origine la Sala d’Armi si trovava al piano nobile del palazzo e fu realizzata in stile neogotico fra il 1846 e il 1851 dal pittore-scenografo Filippo Peroni (che lavorò per il Teatro alla Scala), con stucchi di Paolo Gazzoli e vetrate di Pompeo Bertini. L’effetto teatrale dominava questo spazio, affollato di stendardi, armi, armature, trofei, vetrine e manichini. L’ambiente fu completamente distrutto durante la seconda guerra mondiale.
Altre opere di Arnaldo Pomodoro possono essere visitate a Milano presso la Gallerie d’Italia, che custodisce nel suo chiostro la scultura Disco in forma di rosa del deserto, e il Museo del Novecento a Milano, dove si trovano la colonna del viaggiatore del 1959 e Sfera n.5 del 1965.
Arnaldo Pomodoro, il centro TAM e la palla di Piazzale della Libertà a Pesaro
Quando era giovane la famiglia si trasferì da Morciano di Romagna a Orciano di Pesaro. Il legame con Pesaro è così forte che la città marchigiana lo ha sempre considerato un suo concittadino e ha fatto della Sfera Grande collocata nel 1971 nel piazzale della Libertà, il simbolo della città.
La Palla al centro di Pesaro in Piazzale della Libertà è adagiata sulla superficie dell’acqua di una fontana da cui si guarda il mare. Si tratta della fusione in bronzo realizzata nel 1998 dallo scultore Arnaldo Pomodoro sul modello in poliestere giunto a Pesaro nel 1971 ma realizzato nel 1967 per l’Expo’ di Montreal. L’opera originale si trova oggi a Roma davanti all’ingresso principale della Farnesina, sede del Ministero degli Esteri.
Il legame con il pesarese è espresso anche con l’istituzione con la sua direzione del "Centro TAM" (Trattamento Artistico dei Metalli) per la formazione dei giovani, istituito in collaborazione con il comune di Pietrarubbia dal 1991.Tra gli allievi anche Giovanni Termini che ricorda Arnaldo Pomodoro "come un maestro, titolo che si riconosce a pochi, un gigante del suo tempo ed anche una persona sempre gentile e disponibile".
Si racconta che Arnaldo Pomodoro diceva sempre agli amici “quella casa la l’ho fatta io” quando veniva a Pesaro. Lo diceva indicando una casa a mattoncini rossi con il terrazzino bianco che gira su via Mentana da Corso XI Settembre. Quella via Mentana dove Arnaldo, da ragazzo, aveva abitato con i fratelli Giò e Teresa perchè i genitori erano morti giovanissimi.
A Pietrarubbia realizzò, all’interno di una cappella, anche un’opera per ricordare la figura di Antonia, la figlia di Franco ed Enzo Mancini scomparsa giovanissima. Un legame, quello con i Mancini, che passa anche attraverso l’associazione "Le cento città" per l’allestimento di una grande mostra di Pomodoro nel forte di San Leo, esposizione legata anche alla figura di Cagliostro e che dialoga direttamente con l’opera contenuta nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro.
Arnaldo Pomodoro a Bergamo
Anche a Bergamo bassa è possibile trovare traccia di Arnaldo Pomodoro, dove è possibile spingere con mano il suo Giroscopio. Questa opera fu commissionata allo scultore Arnaldo Pomodoro nel 1986 dall'imprenditore bergamasco Camillo Cefis e fu collocata al centro del cortile di Palazzo Zanchi (ex palazzo Mazzola) in Via Torquato Tasso nel 1989.
Il Giroscopio può muoversi e girare con una semplice spinta come tante opere di Pomodoro. Il movimento dell’opera riesce a riflettere la luce sulle parti lisce e spaccate, mentre in alcuni punti possono sembrare apparire lame e fendenti che trasmettono inquietudine. Le specchiature che raccolgono le immagini dall'ambiente. Le parti ruvide mostrano la forza della materia, mentre le superfici curve portano all'infinito.
L'aspirazione di Pomodoro però da sempre è stata quella di ambientare le proprie opere in un confronto con il tessuto urbano e con il paesaggio. La scultura si prende un proprio spazio e ha senso se riesce a trasformare il luogo in cui è posta. In questo caso il Giroscopio è posto in una corte neoclassica nel centro di Bergamo dove affronta con energia il problema della grande dimensione e della scultura ambientale.
La bergamasca ha giocato un ruolo importante nell’opera di Arnaldo Pomodoro. Nell’Italsider di Lovere ha avuto luogo la prima colata monumentale dell'opera che segnò la svolta di questo straordinario artista. Infatti nelle officine della fabbrica di Lovere prese vita la Colonna del Viaggiatore.
Qui nel 1962 venne chiamato con altri 10 artisti a partecipare alla mostra Sculture in città curata da Giovanni Carandente e sponsorizzata dall'Italsider che mise a disposizione degli artisti le proprie officine, dove si fondevano le ruote dei treni e le eliche delle grandi navi da crociera delle flotte italiane.
Qui Pomodoro fece uno dei sui esperimento più grandi. La Colonna del viaggiatore era infatti la sua prima opera volumetrica in ferro colata a staffa, a differenza delle sculture che aveva realizzato in bronzo con il metodo della fusione a cera persa.
Fino ad allora Pomodoro aveva sempre lavorato con l'argilla in negativo, usando coltelli e attrezzi che pigiava sull'argilla per ottenere rientranze e sporgenze: si trovò invece a dovere operare con una sabbia speciale che veniva dal Kenya, miscelata con olio, perché diventasse più compatta e solida, sulla quale comunque era molto difficile lavorare. La colonna fu fusa in quattro pezzi, poi saldati tra di loro.
Arnaldo Pomodoro anni dopo disse che fu proprio nell’Italsider di Lovere chè inventò il suo stile, scegliendo i solidi della geometria e intervenendo come una termite, per separare e togliere, per entrare all'interno della forma, per distruggerne il significato simbolico.
Arnaldo Pomodoro a Brescia e Ca del Bosco
Arnaldo Pomodoro ha lasciato tracce anche a Brescia e per oltre cinque anni i visitatori del Vittoriale, a Gardone Riviera, hanno potuto ammirare il suo Obelisco, un opera realizzata in fiberglass alta 7 metri e con oltre 900 chili di peso. L’opera venne collocata il 29 novembre 2011 su una balza della limonaia dei giardini privati di Gabriele d’Annunzio.
L’arrivo della scultura fu accompagnato da alcune polemiche perchè diversi studiosi dannunziani denunciarono «manomissioni e intrusioni volgari» in un luogo che avrebbero voluto conservare immutato. Tuttavia l’Obelisco rimase a Gardone fino al 2017, un po’ più a lungo del quinquennio inizialmente previsto dal comodato concordato tra la Fondazione e lo scultore.
A Desenzano invece è posizionato in modo permanente il monumento ai caduti di tutte le guerre, una piramide di bronzo firmata da Pomodoro, acquistata dal Comune (per 200 milioni di lire) e inaugurata il 1° giugno 1992 sul lungolago Cesare Battisti. La sua collocazione – ritenuta da molti anonima e defilata – non convinse l’artista, che rimase contrariato anche per l’orientamento dell’opera: la feritoia non consente infatti ai raggi del sole di attraversarla, come da lui previsto.
In Franciacorta è invece possibile ammirare una struttura di 5 metri di diametro che si apre in due semicerchi di 25 quintali ciascuno: è il «Cancello solare», commissionato da Maurizio Zanella e ultimato nel 1993 all’ingresso di Ca’ del Bosco di Erbusco. Il cancello circolare, con punte rivolte verso l’alto simili a frecce, rappresenta e introduce alla consacrazione del rapporto tra vino e arte.
Il Pomodoro tra Terni e Perugia: la “Lancia di luce” e il “Carapace”
La “Lancia di luce” è il simbolo moderno di Terni, e raffigura l’evoluzione dell’arte fusoria dal ferro grezzo della base fino alla punta che sembra essere d’oro. L’opera è composta da cinque blocchi di acciaio inossidabile ma l’arte dei maestri fonditori di Terni ha fatto sì che, utilizzando varie leghe, l’acciaio inossidabile abbia assunto colorazioni diverse. La Lancia di luce è tra le poche opere di Arnaldo Pomodoro a non essere realizzata in bronzo e a essere costruita interamente in acciaio.
Nella tenuta Castelbuono, a Bevagna nella provincia perugina, vi è l’opera Carapace, nata dal sogno della famiglia Lunelli di vedere realizzata una cantina che fosse uno scrigno per il vino. Dall’amicizia di vecchia data con Arnaldo Pomodoro e dalla precedente collaborazione - che aveva portato il Maestro a creare “Centenarium”, la scultura che celebra il secolo di storia delle Cantine Ferrari – scaturì l’idea di proporre proprio a lui di realizzare la cantina.
Carapace nasce dallo studio dei luoghi. Dopo il primo sopralluogo, Arnaldo Pomodoro aveva già immaginato il progetto. Il paesaggio gli ricordava il Montefeltro così come l’ha raccontato in tanti quadri Piero della Francesca. Il suo intervento, nell’idea di Pomodoro, quindi non doveva disturbare la dolcezza delle colline dove si estendono i vigneti, anzi doveva integrarsi perfettamente con l’ambiente. Per questo ha avuto l’idea di una forma che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità che, con il suo carapace rappresenta l’unione tra terra e cielo.
La realizzazione del Carapace ha richiesto sei anni e il lavoro di una vera e propria bottega rinascimentale guidata dai Arnaldo Pomodoro, e per gli aspetti più tecnici dalla professionalità dell’architetto Giorgio Pedrotti. Il “Carapace” si offre allo sguardo come una grande cupola ricoperta di rame, incisa da crepe che ricordano i solchi della terra che l’abbraccia.
La Fondazione Arnaldo Pomodoro
La Fondazione Arnaldo Pomodoro viene fondata da Pomodoro nel 1995 per la sua volontà di creare un luogo aperto alla rilettura dell’arte del Novecento e alla creatività dei giovani artisti, uno spazio collettivo di esperienza viva, che mira a un coinvolgimento, profondo e globale, con le persone e la società.
L’idea visionaria di Arnaldo Pomodoro è quella di creare uno spazio inventivo, quasi sperimentale, di studio e confronto sui temi dell’arte contemporanea, dalle esperienze delle avanguardie fino alle più recenti prospettive, mirando a un coinvolgimento, profondo e globale, con le persone e la società.
Nei suoi oltre vent’anni di attività la Fondazione si è progressivamente trasformata, cambiando sede espositiva a seconda delle esigenze: dal 1999 al 2004 è una vecchia fabbrica di bulloni a Rozzano, nell’hinterland milanese; dal 2005 al 2011 una delle officine della ex acciaieria Riva&Calzoni di Via Solari 35 a Milano; dal 2013 uno spazio di via Vigevano 9, adiacente allo Studio e all’Archivio dello scultore.
Secondo Arnaldo Pomodoro la Fondazione è solo un punto di inizio e la sua volontà è che il progetto, rivolto ai giovani e al futuro, si deve radicare, fare della continuità un elemento ineludibile e perseguire l’idea che l’artista è parte di un tessuto di cultura.
Alcuni libri per conoscere Arnaldo Pomodoro
Spero che il viaggio fino a qui ti sia piaciuto. Se anche tu vuoi scoprire Arnaldo Pomodoro, posso consigliarti questi libri:
Forma, segno, spazio. Scritti e dichiarazioni sull'arte di Arnaldo Pomodoro
L'ingresso nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro di Federico Giani, Aurora Donzelli, Gino Fienga
E tu conoscevi Arnaldo Pomodoro? Hai visitato o visiterai una delle sue opere?
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