Aspettando Godot? Alcune notizie sulla Direttiva UE per la Due Diligence delle imprese
Mentre aspettiamo il voto davanti all'albero, non ne vediamo altri e speriamo che sia la stagione giusta, aumentano le posizioni delle Imprese a favore della direttiva.
L’accordo politico per l’approvazione della Direttiva sulla due diligence delle imprese (CSDDD o CS3D) era stato raggiunto dal Consiglio UE e dal Parlamento Europeo il 14 dicembre 2023. Il 9 febbraio tale accordo avrebbe dovuto essere ratificato dagli Stati Membri attraverso il Consiglio europeo, eppure il voto è stato rinviato per permettere alla presidenza di turno belga di trovare una soluzione all’astensione dichiarata dalla Germania e a quella ventilata dall’Italia.
Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando facciamo un passo indietro.
Cosa è la Direttiva sulla Due Diligence delle imprese (CSDDD o CS3D)?
Il 23 febbraio 2022 la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva sul dovere di diligenza (in inglese due diligence) delle imprese ai fini della sostenibilità, volta a evitare la frammentazione e a fornire certezza giuridica alle imprese e ai cittadini. La proposta stabilisce norme sugli obblighi in materia di dovere di diligenza delle società relativamente agli impatti negativi effettivi e potenziali sui diritti umani e sull'ambiente sull'intera catena di valore, sulla responsabilità civile e sulla protezione delle persone che segnalano violazioni.
Per gli argomenti che interessano le nostre “lettere” è importante segnalarvi che la proposta di direttiva prevederebbe l’obbligo per le imprese di adottare un piano atto a garantire che il proprio modello di business e la propria strategia aziendale siano compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. A tal proposito sapevate che secondo il report “The Carbon Majors Database” ben cento grandi imprese da sole sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni prodotte a livello globale? Forse questo dovrebbe farci riflettere su dove agire in modo prioritario per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Oltre a ciò, la direttiva è in linea con le norme internazionali in materia di diritti umani e protezione dell'ambiente e potrebbe anche tutelare i lavoratori e le imprese che rispettano gli standard sul lavoro dalla concorrenza sleale di chi non lo fa (vi dice nulla un certo cantiere a Firenze?).
Le cause dello stallo della Direttiva in seno al Consiglio
Quando il Consiglio vota una proposta della Commissione, la proposta viene adottata se si raggiunge la maggioranza qualificata, ossia se vengono soddisfatte contemporaneamente due condizioni: 1. il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica ciò equivale a 15 paesi su 27); 2. gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell'UE.
Considerando il criterio della rappresentatività della popolazione europea, Germania e Italia (rispettivamente al 1°, con il 18.72%, e al 3° posto, con il 13.25%) assumono un grande peso nella procedura di voto con maggioranza qualificata, tanto che è bastata l’anticipazione dell'astensione da parte di Austria (2.02%) e Finlandia (1.24%) per rinviare il voto definitivo sulla proposta che altrimenti non sarebbe stata approvata.
In questo caso sembrerebbe che pochi giorni prima del voto previsto il 9 febbraio, il partito liberale tedesco (FDP), il più piccolo della c.d coalizione semaforo (chiamata così in richiamo ai colori dei partiti che la compongono) considerando il suo consenso elettorale pari al 4%, ha annunciato la propria opposizione alla direttiva tenendo così in ostaggio l’intera coalizione di governo, la quale per prassi si astiene dal voto in sede di consiglio nel caso di forti resistenze.
L’FDP può essere considerato un partito che sostiene l’integrazione europea e l’Unione Europea, tuttavia si è sempre dimostrato critico verso alcune politiche ritenute centraliste, burocratiche o considerate contrarie agli interessi nazionali, soprattutto se tali interessi sono quelli degli imprenditori tedeschi (se conoscete un pò di tedesco, oppure se volete attivare il traduttore online come consigliava il mio professore di tedesco, potete farvi un’idea della loro narrazione leggendo il blog del partito).
Il Partito liberale tedesco, infatti, è tradizionalmente sostenuto dalle élite economiche e finanziarie, proprio per questo sembrerebbe continuare ad avere un ruolo chiave nella formazione delle coalizioni di governo. I motivi dell'opposizione sarebbero da ritrovare nel fatto che il partito si è sempre posizionato per la libertà d’impresa, vedendo ogni norma come un vincolo burocratico. In particolare, nell’ambito di una coalizione così variegata, l’FDP sembrerebbe aver colto l’occasione della CS3D per distinguersi, marcare la propria autonomia e rafforzare il suo profilo come partito che difende gli interessi tedeschi in Europa.
Eppure occorre dire che in Germania, così come in Francia, una legge nazionale sulla due diligence già è presente. Il primo infatti, fino al quel momento, ha negoziato e approvato il testo senza particolari problemi tranne che per quei pochi punti che potevano risultare più sfidanti rispetto alla normativa nazionale. Diversamente la Francia, in occasione dell’accordo politico del 14 dicembre 2023, attraverso la pressione diretta del Presidente francese Macron, ha negoziato l’esclusione del settore finanziario dall’ambito di applicazione della direttiva, nonostante sia responsabile per il 75% delle emissioni. Di fatto si potrebbe dire che per Germania e Francia allo stato attuale non verrebbe richiesto un grande cambiamento.
Il cambio di posizione dell’Italia davanti alla CS3D
Ad incrinare la situazione dei negoziati però è stata proprio l’Italia, la quale fino a quel momento osservava i posizionamenti di Francia e Germania attendendo i risultati in maniera abbastanza disinteressata. Gli unici segnali sull’astensione italiana era stati intercettati il 23 gennaio su un articolo del quotidiano tedesco Handelsblatt, vicinissimo ai circoli liberali proprio del FDP. Nell’articolo però la questione della posizione italiana era trattata molto lateralmente (viene citata una sola volta), mentre il taglio principale era quello di disegnare l’FDP come il paladino principale delle imprese tedesche, così forte da poter influenzare la colazione, l’Unione europea e la stessa intenzione di voto italiana. Per chi ha visto la serie TV “Boris” è chiaro che ci troviamo di fronte a un chiaro esempio di “O’ dimo!”.
[Per tutte e tutti spiego: si tratta del caso in cui un regista vuole mettere riprendere una scena maestosa e complessa ma, non avendo le risorse adeguate, rinuncia a girarla facendola raccontare da un personaggio in modo da dare l’impressione allo spettatore che sia tutto accaduto fuori dallo schermo].
Eppure la notizia, non verificata, è stata ripresa da diversi organismi e testate facendo ottenere all’FDP i risultati sperati. Avendo compreso il cambiamento di scenario, una certa parte del mondo produttivo italiano, rappresentata dalla delegazione europea di Confindustria presso ‘BusinessEurope’, ha iniziato a diffondere informazioni fuorvianti con lo scopo di creare confusione e che, almeno in parte, sono state confutate dai membri della campagna nazionale ‘Impresa 2030’.
In generale è difficile comprendere le ragioni del posizionamento italiano, considerato che il nostro tessuto produttivo è fatto prevalentemente da piccole e medie imprese, non incluse nell’ambito di applicazione della direttiva e che anzi beneficerebbero dall’approvazione di quest’ultima in quanto così opererebbero in un contesto di concorrenza leale più tutelante.
Proprio in questi giorni di attesa, sono aumentate le aziende italiane che aspettano insieme a noi la direttiva davanti a quel famoso albero. Tra queste figurano la Ferrero e la Cocoa Coalition, la Legacoop con le sue oltre 10.000 imprese aderenti e la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA), la quale conta oltre 620.000 piccole e medie imprese. A questi si aggiunge l’appello i da parte della Special Rapperteur delle Nazioni Unite per i difensori dei diritti umani indirizzato al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, oltre che il sostegno di centinaia di ong, agenzie delle Nazioni Unite, inclusi i relatori speciali per i diritti umani e per l’ambiente ed il Global Compact Network Italia, dalla confederazione europea dei sindacati (ETUC), da 230 vescovi e soprattutto da moltissime imprese.
E ora?
Non ci resta che attendere sotto il salice il nuovo voto in seno al Consiglio con la consapevolezza che non siamo gli unici, in altre parole speriamo che Godot venga e che non ci dobbiamo procurare una buona corda. Perché come sempre, mentre la crisi climatica prosegue, un certo tipo di destra ha dimostrato nuovamente che attraverso la comunicazione e i media si possono raggiungere certi obiettivi.
Per seguire gli sviluppi della direttiva ti invito a seguire i canali social della Campagna Impresa 2030 e a iscriverti a questa newsletter lasciando la tua mail qui sotto!
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