Che aria tira a Milano? Nessun podio ma…
Cerchiamo di ricostruire il dibattito di questa settimana che ha visto IQAir inserire Milano nella top 3 delle città giù inquinate al mondo
Il 19 febbraio, quasi come un appuntamento regolare, è scattato l’allarme “qualità dell’aria” e in particolare si sono susseguiti sulle nostre pagine social numerosi reels e post che individuavano Milano come la terza città più inquinata al mondo.
In questa classifica sui social, quindi, Milano sarebbe tra le peggiori città al mondo, al pari di megalopoli come Nuova Delhi, Lahore, Wuhan e Pechino. Questa notizia era già circolata, quasi identica, il 21 marzo 2023 e, come già spiegato in un articolo di Wired in quell’occasione, la notizia sembrerebbe essere “raccontata” in modo sbagliato (prevalentemente con lo scopo di generare il click baiting o di scalare gli algoritmi) ma sicuramente non si tratta di una notizia priva di fondamento. Prima di capire cosa è successo, però, procediamo con ordine.
Cosa si intende con scarsa “qualità dell’aria”?
Per scarsa qualità dell’aria, o meglio per inquinamento atmosferico, si intende la presenza in aria di una o più sostanze in una concentrazione tale da avere la potenzialità di produrre un effetto avverso. Le sostanze inquinanti principali, tenuto conto dei loro effetti e dell’entità delle loro emissioni, sono gas inorganici (biossido di zolfo, SO2; ossidi di azoto, NOX; biossido di azoto, NO2; monossido di carbonio, CO; ozono, O3), composti organici volatili (quali ad esempio benzene e formaldeide) e materiale particolato aerodisperso (o aerosol), una sospensione di particelle solide o liquide disperse in aria, di diversa dimensione e composizione in funzione della loro origine.
Con la sigla Pm si indica il materiale particolato aerodisperso, ossia l’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria. In particolare, il termine Pm10 identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore ai 10 micrometri che si caratterizzano da lunghi tempi di permanenza in atmosfera e che possono, quindi, essere trasportate anche a grande distanza dal punto di emissione. Il Pm10 può avere sia un’origine naturale (l’erosione dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, l’autocombustione di boschi e foreste) sia antropica (combustioni e altro). I valori limite per la salute umana sono individuati nei 50 μg/m3 giornalieri da non superare più di 35 volte per anno e nella media annuale pari a 40 μg/m3.
Col termine Pm2,5 invece si identificano le particelle di diametro aerodinamico inferiore ai 2,5 micrometri, una frazione di dimensione minore rispetto al Pm 10 e per questo viene anche detto “particolato fine”. Sorgenti del particolato fine sono un po’ tutti i tipi di combustione, inclusi quelli dei motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Per quanto riguarda il Pm 2,5 i valori limite per la salute umana sono individuati nella media annuale pari a 20 μg/m3.
La valutazione dello stato della qualità dell’aria ambiente è regolata dalle direttive europee 2008/50/CE e 2004/107/CE e a livello italiano dal D.Lgs 155/2010 e s.m.i.
Chi ha aperto le danze di post e reels sui social?
IQAir (società svizzera privata che, tra gli altri, vende monitor per l’aria, purificatori d’aria e mascherine) pubblica una graduatoria che si aggiorna in tempo reale aggregando e confrontando i dati internazionali dell’indice Aqi (Air Quality Index) solamente delle principali 100 città al mondo. L’indice Aqi di fatto è considerato uno standard internazionale, utilizzato anche da siti istituzionali, che raggruppa i valori dei diversi inquinanti (particolato sottile Pm2.5 e Pm10, ossidi di azoto e zolfo, ammoniaca, ozono e monossido di carbonio) misurati dalle centraline apposite disseminate nelle città (ma non tutte le hanno).
In questi giorni però Guido Lanzani, responsabile Qualità dell'aria di Arpa Lombardia (ossia dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), ha contestato la classifica di IQair su AdKronos. In particolare i motivi della contestazione sono i seguenti:
le fotografie del sito svizzero variano di ora in ora, non si possono confrontare le istantanee, ad esempio nella loro classifica annuale Milano è 531esima (in altre parole ci sono diversi intervalli di misura rispetto agli standard);
le fonti dei dati utilizzate da IQAir sono incerte e “mischiate” a misurazioni ufficiali che spesso non sono omogenee. C’è chi usa strumenti con un costo decisamente inferiore e un’incertezza molto superiore, a ciò si aggiunge che i Paesi dell’Unione europea potrebbero avere standard diversi da altri extra-UE (non vengono utilizzati strumenti conformi o con certificato di equivalenza);
ci potrebbero essere regole diverse su dove posizionare le centraline di rilevamento che dovrebbero essere messe "in un punto rappresentativo dell'esposizione della popolazione” e nella classifica confluiscono anche i dati rilevati da singole persone (diversa scelta del punto di misura);
infine ci potrebbe essere incertezza sull’indicatore scelto in quanto la piattaforma sembrerebbe accorpare indici di qualità dell’aria a indici che misurano la concentrazione di uno specifico inquinante.
Ma quindi, “Milano tutto bene”?
Purtroppo no. Il problema dell’inquinamento dell’aria è reale e va ben oltre Milano.
In primo luogo, la stessa Arpa Lombardia ha certificato per domenica scorsa a Milano una giornata di inquinamento massimo. In particolare, il Pm10 medio ha toccato quota 118 microgrammi per m³ (contro i 50 giornalieri indicati dalla normativa, per l’OMS il limite sarebbe di 45 al giorno), mentre il Pm 2,5 era a quota 99 (il limite indicato dalla normativa è di 20, per l’OMS di 15).
In secondo luogo il problema va oltre Milano, nel quadro europeo la pianura padana rappresenta ancora una delle aree dove l’inquinamento atmosferico dovuto al materiale particolato Pm10 e Pm 2,5 è più rilevante insieme ad altre aree dell’est europa (fonte: European Environment Agency, Europe’s air quality status 2023).
In terzo luogo è importante segnalare la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sul caso “Commissione europea c. Italia (C-573/19) del 12 maggio 2022 con cui è stato dichiarato l’inadempimento dell’Italia sia per il mancato rispetto, “sistematico e continuativo”, del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto (NO2) in varie zone concernente la qualità dell’aria, sia per la mancata adozione, a partire dall’11 giugno 2010, di misure atte a garantire il rispetto nelle stesse zone dei valori limite, disattendendo gli obblighi derivanti dalla direttiva 2008/50/CE. Tra le zone citate vi sono Torino, Brescia, Milano, Bergamo, Genova, Roma e Firenze.
La situazione quindi non è nulla rosea, né a Milano, né in altre città italiane. Eppure la notizia dei dati diffusi da IQAir ha sollevato il dibattito pubblico. I social in generale, questa volta parlo di questo strumento proprio perché lì sembra essere partito tutto, si nutrono della polarizzazione delle discussioni e per loro stessa natura nutrono tali polarizzazioni. Se da un lato possono sorgere dubbi legittimi riguardo al fatto che un’impresa possa avere un conflitto di interesse su questo tema tale da distorcere la narrazione sui dati, dall’altro lato proprio questi dubbi rischiano di alimentare quella frangia scettica o negazionista. La preoccupazione è che questa cattiva narrazione dei dati, che lancia l’allarme ma che non valorizza i dati raccolti dalle agenzie e dai centri studi riconosciuti portando le lettrici e i lettori a comprendere cosa sta accadendo, rischi di rallentare tutte quelle azioni necessaria ad un cambio di rotta.
In breve, la crisi climatica è qui e la stiamo respirando nei nostri polmoni, è arrivato forse il momento di fare qualcosa?