“Quando abbiamo smesso di parlarci?” È la domanda che riecheggia mentre velocemente si susseguono alberi, fiori, case, città e paesaggi diversi. Mano a mano la città lascia spazio alle campagne che subito dopo vengono inghiottite nuovamente dalle strutture di cemento e altri insediamenti che indicano la presenza di qualche essere umano.
Sono passati più di 4 mesi dall’ultima lettera e mi sembra cambiato di nuovo il mondo in cui viviamo. L’ultima volta che ti ho scritto il Mago Trump stava preparando il suo numero di magia: Il Trump-l’oeil, un efficace effetto di prestigio che usa frammenti di notizie per creare un mosaico più reale del reale. Con un movimento di anca al ritmo di YMCA dei Village People la democrazia americana ci insegna ancora che narrare è un atto di potere capace di trasformare e costruire realtà condivise.
Ciò è ancora più importante in un mondo interconnesso come il nostro, anche grazie ai social media, dove l’accesso all’informazione è più ampio che mai ma dove, per paradosso, diminuisce la capacità di distinguere tra vero e falso, tra realtà e simulazione. Non è un caso che nel 2017 lo stesso Donald rispose a dei giornalisti dicendo: “I’m not going to give you a question. You are Fake News”.
Siamo immersi in simulazioni dove non riusciamo più a parlarci al di fuori di bolle autocostruite. Giorno dopo giorno come dei Mimo tastiamo dei muri invisibili creati da dati, algoritmi o flussi di informazioni. Dietro ogni lettera lanciata in un universo fatto di “zero” e di “uno”, si consuma una lotta tra chi vuole primeggiare e chi vuole difendere gli ultimi. Nel mentre, parliamo degli stessi argomenti ma non parliamo sugli stessi argomenti al di la di quei muri invisibili.
Così una bolla chiede la VAR per capire se quel braccino teso in mondo visione era un richiamo nostalgico, nell’altra bolla invece arriva un messaggio ben preciso: “da oggi si può fare”. Volevi parlare male di qualche minoranza? Lo puoi fare! Volevi fare quella battuta sessista? Lo puoi fare! Volevi comprare un SUV per fare la spesa in Città passando ore e ore a cercare parcheggio? Lo puoi fare! Musk sta dicendo a chiunque abbia avuto questi pensieri che la libertà è fare quello che vuoi senza dover rendere conto a nessuno, neanche alla “Woke Culture”.
“Quando abbiamo smesso di parlarci?”, riecco li quelle lettere che nuovamente impattano i lati della mia scatola cranica sgombra da altri pensieri. Sono lettere rapide come gli scenari che cambiano come dopo ogni tunnel che oltrepasso: buio, pioggia, buio, sole, buio, nebbia, buio, sole. Forse è perché viviamo in un mondo che abbiamo smesso di raccontare insieme?
Qualche giorno fa ANSA ha rilanciato un’inchiesta del giornale olandese De Telegraaf in cui si afferma che per anni la Commissione europea ha sovvenzionato lobby ecologiste per fare pressioni a favore del Green Deal assegnando “degli obiettivi per i risultati concreti presso eurodeputati e Paesi membri. Questa legione del male vestita di verde si sarebbe inoltre organizzata con liste di nome di politici da contattare, sia mai che qualcuno possa parlare con un rappresentate eletto.
Il Telegraaf però è riconosciuto come tabloid sensazionalistico, conservatore e molto letto dagli elettori di destra in Olanda. Addirittura nel 2011 è stato pubblicato un documentario in cui si mostravano delle prove sul fatto che il giornale pubblica consapevolmente delle falsità. Anche nel riportare questa notizia, inoltre, il giornale ha esclusivamente sentito le voci di Dirk Gotink, eurodeputato del PPE (conservatori liberali) e del Commissario al Bilancio Piotr Serafin (polacco sostenuto dal PPE) per un attacco frontale all’ex Commissario alla transizione verde Timmermans (rappresentante di un partito del centro-sinistra olandese).
Il fatto curioso, però, è che Serafin stesso specifica che le organizzazioni finanziate agiscono in linea con il regolamento alla base del programma LIFE, con cui gli enti applicano a bandi pubblici presentando progetti per contribuire agli obiettivi delle politiche europee (che spesso dialogano con accordi internazionali). Quindi materialmente la “lobbying” di cui parlano non vuole “imporre il pensiero unico green” ma cerca di ridurre il divario tra le istituzioni UE e i Cittadini per far si che le politiche europee parlino con loro e ne ascoltino i bisogni e gli interessi mentre cerca di raggiungere gli obiettivi che la stessa Unione si è prefissata.
Fatto curioso perchè sia Gotink che Serafin ritengono che il lobbying sia legittimo e la cosa suona un pò come “fatelo, ma fatelo con i soldi vostri”. Il che vuol dire sottendere che le lobby di imprese, le quali spesso presentano i propri piani strategici e i propri interessi economici, siano più legittimi rispetto ad altre tipologie di rappresentanza di interesse. Il tutto nasce però da un problema alla base: una notizia del genere incendia gli animi semplicemente perché non conosciamo lo stesso sistema (giusto o sbagliato) che abbiamo costruito.
“Quando abbiamo smesso di parlarci?” è quel pensiero intrusivo che ha fatto irruzione durante uno dei tanti viaggi di ritorno ad alta velocità. Mia nonna era del 1933 e mi ricordo che quando avevo 10 anni mi raccontava come era la seconda guerra mondiale quando aveva la mia età. Col passare del tempo però qualcosa è cambiato e sempre più frequentemente chiacchieravamo dell’estrema contingenza del presente. I commenti iniziavano e finivano lì con la notizia che passava in TV, una volta poteva essere l’ultima di Berlusconi, un’altra volta poteva essere il solito servizio di canale 5 sugli sbarchi.
Improvvisamente avevamo smesso di ricordare insieme, di creare memoria insieme, e di immaginare il futuro. Questo fatto mi ha curiosamente colpito quando a novembre sono stato a Santa Sofia, nella parte centro-orientale dell'Appennino tosco-romagnolo. Prima che la zona fosse colpita dalle alluvioni del 2023, c’era stata un alluvione anche nel 1939 che era finita nel dimenticatoio, solo ora si sta riscoprendo un evento che aveva colpito profondamente la Romagna causando una migrazione verso l’agro pontino.
Pensavo a questo perché stiamo smettendo di far sì che la “democrazia sia una tavola per ogni voce” e la voce di qualcuna o qualcuno che riportasse la memoria di quegli eventi nel corso degli anni avrebbe potuto quantomeno prevenire una parte del disastro. Eppure, parlarsi diventa sempre più difficile, senza contare le difficoltà che si hanno per far si che quelle voci producano un cambiamento delle società in cui viviamo. Il rischio è che le odierne democrazie diventino una cena per pochi o peggio come quelle cene in cui non conosci nessuno, non c’è nulla che ti piacerebbe mangiare e senti un enorme peso sul petto perché non riesci a esprimere i pensieri come vorresti.
Con la rabbia che monta e i pugni che si stringono sotto al tavolo mentre sentiamo le parole che annunciano la nuova “golden age” nostalgica, il rischio è quello di essere anestetizzati come in quelle cene di Natale in cui si vogliono evitare i litigi per colmare quei vuoti e quella stanchezza con la sola voglia di stare insieme.