La guerra dei mondi di Ice Cube: una perla del film trash
Ice Cube fa il boomer durante la guerra dei mondi, ovviamente ne dobbiamo parlare
Recentemente ho visto la guerra dei mondi con Ice Cube, un film da poco rilasciato streaming in Italia su Amazon Prime Video che da subito ha raccolto lo 0% su Rotten Tomatoes. Se ne parlo in questa lettera è per due motivi principali: 1. ho una passione per i “film di m****a” e in generale della cultura trash; 2. mi ha fatto ridere più del Fabbricante di Lacrime di Netflix per quanto è fatto male. Il motivo più serio è che, ritenendo la guerra dei mondi con Ice Cube una perla trash, anche soffermarci sullo storytelling e la narrazione di un film del genere secondo aiuta a capire la società nella crisi climatica.
Prima di scriverti le mie “nobili” riflessioni su questo film però vediamo cosa è. Poi oh, fammi sapere se possiamo diventare fratelli e sorelle di filmetti trash perché ci possiamo divertire!
La trama di “Ice Cube War of the worlds” (o solo “la guerra dei mondi”)
Will Radford, interpretato da Ice Cube, è un’agente del Dipartimento della Sicurezza Nazionale (United States Department of Homeland Security - DHS) che lavora a un programma di sorveglianza in grado di monitorare ogni persona sulla terra. Will lavora per il governo ma di fondo è rinchiuso in ufficio tutto il giorno, dove con il suo PC passa da una telecamera all’altra per seguire e controllare la sua famiglia, compilare fogli excel e di tanto in tanto dare la caccia a qualche criminale.
Tra questi c’è un misterioso hacker, noto come “distruptor”, che sta cercando di rubare informazioni governative da pubblicare sul proprio canale YouTube. Si tratta del classico canale da teoria del complotto che però l’FBI vuole fermare con l’aiuto di Will Radford. Mentre lo stanno per catturare però dei meteoriti iniziano a colpire il pianeta e una volta schiantati a terra emergono delle grandi macchine che iniziano ad attaccare gli esseri umani. Radford e l’amica Sandra Salas, lei questa volta è della NASA, capiscono che si tratta di un’invasione aliena.
Improvvisamente vediamo Will Radford passare attraverso numerossisime call teams e chiamate whatsapp alternando chiamate in cui il Presidente degli Stati uniti dichiara guerra agli alieni a quelle con la figlia incinta Faith Radford, rimasta ferita, suo figlio Dave o il compagno di Faith, Mark Goodman che nel frattempo sta ancora facendo le consegne come fattorino Amazon.
Radford fermo nella sua scrivania, impossibilitato a scappare dal suo ufficio, cerca di rimanere in contatto con il mondo esterno e di risolvere la situazione passando da una telecamera all’altra, decriptando password, compilando fogli excel o dando indicazioni ad amici e familiari nel mondo esterno (insomma tutto quello che fa un classico boomer). A un certo punto si accorgono che le macchine aliene si nutrono di dati e che sono in cerca di qualcosa di molto specifico sulla terra.
Voleva essere “la guerra dei mondi”...
La guerra dei mondi è un romanzo di Herbert George Wells pubblicato nel 1897, un autore che per la sua immaginazione del futuro è stato indicato come da Walter Warren Wagar quale fondatore della disciplina dei futures studies.
La guerra dei mondi è stata un'opera in grado di parlare alle emozioni del proprio tempo e che è rimasta una pietra miliare della letteratura fantascientifica per la sua capacità di riflettere su un possibile futuro.
Per fare un esempio, anche Men in Black è riuscito a cogliere questo insegnamento e nel primo film l’agente K prendendo un piccolo dispositivo esclama ““un nuovo dispositivo di registrazione che sostituisce i CD. Quindi ora devo ricomprare il White Album?”.
Era il ‘97, io avevo poco più di un anno e comunque ho fatto in tempo a riempire la mia cameretta a Roma di CD rap, mentre il White Album dei Beatles è uscito nel 1968. Negli ultimi sessant’anni circa quante volte abbiamo cambiato il modo di registrare e diffondere audio? e quante volte dal 1997 ad oggi? Ecco, questo è solo un piccolo esempio di quello che può fare lo storytelling di fantascienza.
Oltre a questo Men in Black è anche una commedia e più volte nel film si gioca sul fatto che le “vere notizie” sono sui tabloid o sulle riviste dei complottisti. Arriva anche a dire “ogni tanto il New York Times becca una notizia vera” o a scherzare sul fatto che molte delle celebrità del tempo erano degli alieni (come Micheal Jackson), strizzando l’occhio a molte teorie del complotto.
Potremmo aprire un capitolo a parte su quanto questo parli della nostra società nella crisi climatica, basta fare riferimento al social “Truth” di Trump, ma volevo darti qualche esempio prima di arrivare al punto su “Ice Cube - War of the worlds”.
… ma la guerra dei mondi con Ice Cube è solo un reel durato troppo
Abbiamo visto numerosi adattamenti formato film della guerra dei mondi ma quello con Ice Cube sembra più un prodotto dell’epoca dei social che un vero film. Spero vivamente che vinca un razzie awards (l’oscar per i film di M***a). Ma andiamo per punti.
L’abuso di Screenlife
In primo luogo, questo può piacere o non piacere, il film abusa dello Screenlife, una forma di visual storytelling attraverso cui gli eventi vengono mostrati interamente sullo schermo di un computer, tablet o smartphone.
Timur Bekmambetov, che è anche tra i produttori del film, si è espresso varie volte su questa forma di visual storytelling e ha affermato che l’azione dovrebbe svolgersi su uno schermo specifico, senza mai uscire da li, senza transizioni e con tutta l’azione che si svolge in tempo reale. Inoltre la ripresa dovrebbe seguire il comportamento della fotocamera del dispositivo e dovrebbe contenere tutti i suoni che provengono, ad esempio, dal computer.
Va da sé che da questa scelta stilistica ci sono molteplici conseguenze che rendono la guerra dei mondi con Ice Cube un pò “strambo”.
L’interpretazione di Ice Cube durante la guerra dei mondi (ma anche il resto del cast…)
Ice Cube è uno dei componenti degli N.W.A (acronimo di Niggaz Wit Attitudes), uno dei gruppi rap più importanti di sempre. Se hai visto Straight Outta Compton lì trovi la loro storia ma fondamentalmente si tratta di un gruppo che ha usato il rap storytelling come forma di dissenso contro gli abusi delle autorità e per raccontare la vita del proprio ghetto. Ecco, nella guerra dei mondi Ice Cube è un normalissimo boomer davanti al PC.
Lungi da me fare una critica generazionale, dopo tutto sono nato nel ‘96 e molti fanno ancora fatica a definirci millennial, però quello che fa Ice Cube durante il film è urlare, compilare fogli ecxel e fare spesso facce buffe da meme (e non credo sia una casualità) e smanettare al PC. Il risultato? Sembra di vedere la diretta Twitch di Ice Cube che fa una reaction alla guerra dei mondi.
Anche qui, una moda che sta prendendo piede negli ultimi anni è quella di persone che guardano creator che commentano video in diretta di altre persone (si, hai letto bene).
Oltre a questo anche le altre interpretazioni non è che siano meglio e la tecnica dello Screenplay non aiuta, non è (tutta) colpa di Ice Cube insomma. Per questo film non c’è un vero set (non ti scriverò degli effetti visivi ma puoi immaginare) e tutto il cast recita come se avesse saputo 5 minuti prima che avrebbero dovuto girare.
Ed è così che ti ritrovi in una guerra dei mondi in cui uno dei più importanti colonnelli degli Stati uniti semplicemente è a giocare a golf mentre si collega dal cellulare e che solo verso la fine del film si trova in una limousine.
Lo Storytelling di questa guerra dei mondi e il product placement di Amazon
Alla fine l’aspetto più tragico di questa guerra dei mondi è proprio nello storytelling generale, non a caso ti ho fatto gli esempi di Men in Black o dell’opera originale di Herbert George Wells.
La guerra dei mondi strizza l’occhio alle varie teorie del complotto e cerca di ironizzare anche sul mondo contemporaneo. Pensa che durante il film ho scoperto che esiste un presunto “UFO di Mussolini”, un disco volante caduto a Magenta nel 1933 e poi portato in gran segreto in un capannone a Vergiate, nella provincia di Varese. Si fa anche una battuta del genere “loro sapevano tutto, sennò perchè tutte queste spedizioni private nello spazio?” (Bezos e Musk, occhiolino, occhiolino!).
Inoltre il mito di Distruptor poggia interamente sulla teoria del Deep state e sulla presunta esistenza di una rete segreta “dietro al potere”. Il nostro hacker infatti vuole distruggere coloro che spiano “i carrelli amazon” raccogliendo dati su tutte e tutti noi e che controllano una rete di sorveglianza più potete di quella del nostro Will Radford.
Qui c’è uno degli aspetti del film che ho apprezzato di più, non so se volontariamente ma questa guerra dei mondi mostra la vera paura della società nella crisi climatica. Può anche arrivare un’invasione aliena o può anche esplodere il mondo, ma la vera paura è quella di perdere i dati perché “noi stessi siamo diventati dati” e temiamo che questi ci possano essere rubati o di essere sorvegliati.
Sto estremizzando ma il film si muove sulla tensione tra “siamo tutti sorvegliati per la sicurezza” e “la nostra privacy è importantissima”. Su questo c’è una scena comunque commovente in cui Will Radford comincia a perdere delle foto e degli audio whatsapp a cui teneva moltissimo.
Will è profondamente distrutto perché sta perdendo dei ricordi che fanno parte di lui, d’altronde pensa a quello che hai d’importante ma che è dematerializzato in un dispositivo. Hai qualcosa che hai paura di perdere per un crash di un cloud o perché si potrebbe bagnare il cellulare durante la prossima pioggia intensa?
Bene sia questo aspetto, sia quello ancora più profondo sul peso della genitorialità e di come i boomer la stanno vivendo male prima della nostra generazione (qui ci vorrebbe un saggio ad hoc), è schiacciato dai ritmi del film.
Si perchè questa versione di War of the worlds sembra un lungo reel sulla fine del mondo in cui le scene si susseguono in modo incoerente come se stessimo scrollando nella sezione esplora di instagram.
È tutto troppo veloce, come se volesse compensare un deficit di attenzione nello spettatore. Nel giro di pochi minuti vediamo la figlia di Will ferirsi gravemente e nello stesso tempo che impiega per arrivare a un ospedale vediamo scene di repertorio di “americani che sparano a cose brutte”.
In 60 secondi il mondo viene messo in ginocchio dall’invasione, vede le truppe di tutto il mondo unirsi e prevaricare contro i tripodi per poi essere messi di nuovo in ginocchio. Il tutto mentre il nostro Will, completamente da solo in uno degli uffici più importanti del governo degli Stati uniti, da remoto protegge la sua famiglia, fa call, da indicazioni sugli alieni a una esperta della NASA, compila fogli excel e lavora per abbattere gli alieni e proteggere il mondo.
Si perchè Will Radford è il re del multitasking, si riesce a collegare in solitudine alle telecamere di tutto il mondo e fa tantissimi fogli excel ma comunque: 1. c’è una rete di sorveglianza più potente e segreta della sua; 2. non è lui l’eroe del film.
Nella guerra dei mondi il vero eroe è Mark Goodman, il nostro fattorino Amazon di fiducia. Potrei fare l’intelletualoide o la voce fuori dal coro e dire che Mark Goodman è l’eroe postmoderno o la rappresentazione del superuomo nella crisi climatica ma in realtà fa solamente ridere perché è il risultato riuscito male del product placement di Amazon.
Il vero problema di tutto il film infatti non è nel suo storytelling ma nel fatto che è una lunga pubblicità di Amazon, dall’inizio alla fine. I riferimenti al colosso mondiale sono molti e il suo logo compare costantemente nel film, anzi ad un certo punto si vede proprio uno dei protagonisti fare un acquisto amazon con tutti i passaggi che servono.
Se non lo hai fatto ti invito sinceramente a vedere questo film solamente per vedere il nostro Mark Goodman con questi occhi: ogni scena importante e davvero risolutiva durante la guerra dei mondi è ad opera del nostro fattorino Amazon.
Il caro Mark riesce a curare una persona con il nastro adesivo (Mucciaccia scansati), arriva ovunque con il suo furgoncino, ha idee geniali nei momenti più critici, è in grado di pilotare un drone Amazon per consegnare l’oggetto magico per la salvezza del mondo anche con dei tripodi di 30 metri e sarà anche un ottimo padre. Lascio a te le riflessioni del caso.
E se domani finisse il mondo, noi che faremo?
Scusami, doveva essere una lettera breve, uno sfogo notturno di creatività preso dall’entusiasmo e dalle risate di vedere un film di M***a.
Mentre scrivevo mi è venuta in mente una scena bellissima di Fight Club in cui, mentre il mondo va in frantumi, Edward Norton ed Elena Bonham-Carter si tengono la mano. La scena racconta che solo la condivisione, lo stare insieme, può aiutarci a resistere nella crisi. Anche quando l’apocalisse, in questo caso la guerra dei loro mondi interiori, è già passata da un pezzo.
Domani, se ci trovassimo nella guerra dei mondi con Ice Cube, che faremo? Passeremo anche noi da un video con persone che muoiono all’altro urlando, indignandoci senza fare nulla mentre compliamo dei fogli excel in ufficio? Metteremo in secondo piano il fatto di vivere nello stesso pianeta per pensare prima o esclusivamente a quello che ci accade più vicino? Forse sta già accadendo e non è colpa di un altro stupido film.
E tu cosa ne pensi? Hai visto la Guerra dei mondi con Ice Cube o vuoi consigliarmi un altro film di M***a?
Questa lettera è uno spazio per riflettere insieme sulla crisi climatica per andare oltre all’incomunicabilità con cui viviamo queste sfide. Quindi certamente ti leggo e ho cura di ogni tua interazione: scrivimi, commenta, condividi o lascia un cuoricino. Costruiamo insieme la community di Lettere nella crisi climatica.