La lotta degli Stati europei alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo
Italia e Danimarca hanno promosso una lettera aperta in cui si chiede di rivedere l’interpretazione della CEDU. Ma quali sono i rischi?
Con una lettera aperta del 22 maggio 2025 l’Italia, la Danimarca, l’Austria, il Belgio, la Repubblica Ceca, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania e la Polonia hanno criticato il ruolo Corte Europea e chiesto un ripensamento delle modalità di interpretazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
Nella lettera si accusa la Corte di aver esteso eccessivamente il campo di applicazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo andando al di là delle sue intenzioni originarie, causando così uno spostamento del bilanciamento tra gli interessi che dovrebbero essere tutelati.
Criticare è legittimo e un dibattito costruttivo potrebbe permettere di migliorare l’applicazione dei diritti sanciti dalla CEDU, tuttavia la lettera nasce dalla volontà degli Stati firmatari di avere maggiore mano libera nella politica dei rimpatri e di non applicare il divieto di essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio (principio di non-refoulement).
Al di là della retorica e delle affermazioni contenute nella lettera del 22 maggio 2025, su cui non mi soffermerò, a preoccuparmi è l’approccio generale e i possibili rischi che potrebbero esserci dietro a un approccio di questo genere.
La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo è un “limite al potere” o un “ostacolo alla sovranità”?
Immagina di vivere in comune dove un’impresa partecipata dallo Stato avvelena l’aria che respiri, una di quelle aree che le Nazioni Unite hanno definito “zone di sacrificio”, e che ti diagnosticano un tumore ai polmoni.
Numerosi studi epidemiologici dimostrano il nesso tra le particelle emesse dall’impresa e il tasso di mortalità della popolazione, quindi decidi di fare prima ricorso ai tribunali della tua nazione e poi, non ricevendo alcun risarcimento, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Ecco, la sentenza della Corte limiterebbe il potere dello Stato per tutelare il tuoi diritti o sarebbe un ostacolo alla sovranità nazionale da evitare a tutti i costi?
Ora brutalizziamo la tesi centrale degli Stati firmatari della lettera: “la Corte europea dei diritti umani starebbe ostacolando le decisioni democratiche dei singoli governi attraverso un’interpretazione troppo estensiva della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo”.
Le ragioni alla base di questa tesi, si legge nella lettera del 22 maggio 2025, sarebbero legate al fatto che andrebbe ripensato il modo in cui le Convenzioni internazionali possano rispondere alle sfide che ci attendono oggi semplicemente perché “quello che una volta era giusto potrebbe non essere la risposta di domani”.
Una affermazione “innocua” che viene rafforzata con l’affermazione “il mondo è cambiato radicalmente da quando molte delle nostre idee sono state concepite sulle ceneri delle grandi guerre”. Con poche parole però si mettono in dubbio il diritto internazionale e si rinnega la memoria storia da cui è nata l’Europa stessa. Prima di dare dei giudizi affrettati però proviamo a ragionare insieme.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, è stata il primo strumento che dà espressione concreta e forza vincolante ai diritti enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Siamo nelle prime fasi del dopoguerra, l’Europea è ancora dilaniata dalla seconda guerra mondiale e tra le colpe dell’ascesa dei totalitarismi vi è anche la mancanza di strumenti forti per la tutela dei diritti fondamentali.
Non è un caso se la Convenzione contiene dei diritti che gli Stati non possono pregiudicare e che possono essere limitati solo nel rispetto della legge e solo quando necessario in una società democratica. Per vigilare sull’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo il 1959 si istituì la Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giudiziario del Consiglio d’Europa, che ad oggi si avvale di 47 giudici, uno per stato membro.
La forza della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è della sua straordinaria modernità risiedono nell’interpretazione che ne dà la Corte: un’interpretazione dinamica, alla luce delle condizioni di vita attuali.
Nei suoi ormai 75 anni di operato è ovviamente emersa la necessità di colmare dei vuoti che si sono presentati con il tempo, pensa che di ambiente si inizia a parlare nell’ambito del diritto internazionale negli anni ‘70 mentre per i cambiamenti climatici occorre aspettare ancora un pò di tempo. Per questo si parla di “strumento vivente” quando ci si riferisce alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, la capacità di poter estendere il campo di applicazione della Convenzione permette di non rendere i diritti sanciti teorici o illusori.
Il sistema di tutela dei diritti umani in Europa nasce un pò dall’esigenza di creare uno standard minimo tra tutti gli stati parte del Consiglio d’Europa e il concetto di “stato di diritto” è spesso associata alla necessità di salvaguardare uno spazio democratico europeo. Oltretutto dobbiamo ricordare che in una società governata dallo Stato di diritto è un po pericoloso questo attacco a quegli organi incaricati a limitare il potere sovrano e a tutelare i diritti fondamentali.
Tutto questo per cosa? Per orientare l’applicazione dei diritti umani a seconda dei cicli politici dei singoli paesi? Dovremmo forse sacrificare i diritti umani in nome delle elezioni nazionali sempre più orientate al breve periodo e sempre meno legittimate dal voto popolare?
Prima della seconda guerra mondiale si iniziò proprio così, si mise in discussione lo stato di diritto iniziando a limitare i diritti delle persone più marginalizzate per poi via via sopra i diritti di tutte e tutti. Abbiamo visto come è andata a finire… forse non dovremmo vedere i diritti umani come un ostacolo alla comunità ma, anzi, come una garanzia per gli interessi e i bisogni della collettività.
Qual è la posta in gioco?
La posta in gioco di quella lettera del 22 maggio 2025 è la Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo e i diritti che sono alla base delle nostre democrazie, potremmo assistere a una generale regressione democratica.
Purtroppo non si tratta di un nuovo “malessere da sovranità”, in passato alcuni Stati hanno contestato il contenuto delle singole sentenze della Corte Europea o hanno ipotizzato il ritiro dal Consiglio d’Europa per sottrarsi alla giurisdizione della Corte.
I progetti europei nascono dalla necessità imperativa di salvaguardare, in ogni circostanza, la pari dignità di tutti gli esseri umani per allontanarsi il più possibile dalla logica della disumanizzazione che ha devastato l'Europa.
Se venissero meno tutti i principi alla base di questo sistema, gli Stati si sentirebbero legittimanti ad applicare le Convenzioni in base ai propri interessi nazionali (non dei singoli individui eh), magari scegliendo autonomamente quali diritti tutelare perché magari sono meno pericolosi o se dare o meno esecuzione alle sentenze. In altre parole aumenterebbero ancora più ferocemente le diseguaglianze.
E cosa accadrebbe se gli Stati decidessero di ignorare tutte quelle sentenze o convenzioni che hanno riguardato l’ambiente, l’inquinamento o i cambiamenti climatici?
Nel caso della Corte europea possiamo pensare che verrebbero meno quei principi, come nel caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e altri c. Svizzera (n. 53600/20), dove la Corte ha riconosciuto che gli Stati devono attuare misure di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici, anche fornendo informazioni sulla crisi climatica e coinvolgendo le persone nei processi decisionali. Oppure pensiamo all’Italia e quelle sentenze in cui la Corte europea ha riconosciuto la violazione dei diritti di tutte le persone che hanno visto pregiudicata la propria vita dall’ILVA perché le autorità italiane hanno omesso e continuano a omettere l’adozione di misure necessarie. Il rischio è che si parta dalle limitazioni dei diritti delle minoranze o delle persone marginalizzate per ricomprendere via via fette di popolazione più grandi.
Tocca infine stare ben attenti alla retorica che vede gli “Stati come perseguite dal diritto internazionale”. Occorre ricordare infatti, come fatto dal Segretario generale del Consiglio d'Europa Alain Berset nella lettera di risposta (che puoi leggere qui), che la Corte europea dei diritti dell’uomo non è un organo esterno, bensì il braccio giuridico del Consiglio d’Europa creato dagli stessi Stati membri, istituito attraverso una scelta sovrana e vincolato da una Convenzione che gli Stati membri hanno liberamente firmato e ratificato. Le istituzioni che proteggono i diritti fondamentali non possono piegarsi ai cicli politici, altrimenti rischieremmo di erodere la stessa stabilità che sono state incaricate di garantire.
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