La Cultura Pop è Politica!
Sono stufo del fatto che la cultura pop venga relegata ad hobbistica e intrattenimento, ecco cosa è per me la cultura pop
Credo che capiti anche a te ma mentre lavoro la mia attenzione cala e finisco a scrollare Instagram dove di recente mi sono imbattuto in un post sulla cultura pop che mi ha irritato.
Se mi segui da un po saprai già che nel parlare della società nella crisi climatica più volte ribadisco come lo storytelling è l’arte di raccontare e cambiare il mondo. Per me non è la solita parola in inglese imparata a Milano per dire “cose scontate” in modo più accattivante.
In questo post una persona si lamentava di come la comunicazione politica abbiano colonizzato ogni spazio, anche quelli culturali e creativi che dovrebbero essere di mero intrattenimento. Così il problema sarebbe che ogni gesto, canzone, videogioco, fumetto o altro verrebbe letto come un messaggio politico. In soldoni “i videogiochi devono rimanere videogiochi, i film sono solo film, i fumetti sono solo fumenti” e cosi via. Ma ti sei mai chiesta cosa intendiamo per “politica”?
“Politica” in Italiano è in realtà una parola ambigua che viene utilizzata con diverse sfumature di significato. Da umile scienziato politico quale sono però nei miei studi ho scoperto che l’inglese fa una interessante distinzione tra politics che si riferisce alla gestione del potere, policy che riguarda le scelte pubbliche e polity che riguarda l’essere comunità (un significato che viene più direttamente dal concetto della polis greca). Tutte quante in italiano le possiamo tradurre con “politica”.
Nel dibattito mainstream all’italiana queste sfumature si sono perse e il fare politica, che dovrebbe costituire il senso più puro del fare comunità, viene inteso come l’attività dei partiti politici. Per carità, molto simili tra loro ma comunque molto distanti. Per me però fare “politica” è prima di tutto prendersi cura di una comunità, vuol dire interessarsi del “mondo della vita” per proiettarli verso una certa idea di futuro.
Ultimamente cerchiamo a ogni costo di estromettere la politica dalla nostra vita dimenticando che ogni storia porta con se un’idea di mondo. Ad esempio Herbert George Wells con i suoi libri ha portato i propri lettori a immaginare il futuro, mentre proprio in questi giorni un film come Zootropolis 2 ci ha ricordato come si può fare un bel film di animazione parlando di disuguaglianze e differenze (personalmente l’ho adorato). Potremmo poi raccontare di come il rap per lungo tempo sia stato portavoce delle cronache urbane e di come nessuna persona si sia stupita dell’intro di Funny Games di Noyz Narcos dove dice “In culo a ‘sto governo, che saltasse in aria, Ha trasformato ‘sto paese in un inferno ed ha vinto”. Potremmo anche citare il caso di One Piece che per i valori che trasmette e per la storia che racconta sta ispirando le numerose proteste della Generazione Z. Infine potremmo dire come i videogiochi abbiano portato tutto questo a un altro livello permettendoci di sperimentare e interagire con una storia e uno spazio virtuale. Semplicemente nella distanza tra il nostro occhio e lo schermo interpretiamo un mondo che si ispira al mondo in cui viviamo e quindi anche a quanto di politico c’è nelle nostre vite.
Oltre a questo la cultura pop ogni giorno ci fa fare comunità senza accorgercene: a pausa pranzo, sui banchi di scuola o nei commenti sotto un trailer. Condividiamo attese come la data d’uscita di una serie, rituali come le file per un firmacopie sotto la pioggia) o piccoli lessici comuni tratti da ognuna di queste opere.
Tutto questo lo sanno anche gli Stati che esercitano il proprio soft power, un potere culturale per veicolare i propri valori. D’altronde tutte e tutti abbiamo imparato “l’american dream” grazie ad Hollwood, no? Quindi non è la gente che è sclerata se si indigna perché Zerocalcare si fa una foto con Hideo Kojima al Lucca Comics and Games del 2025, sono gli stessi Stati che hanno un qualche tipo di interesse a prendere posizione su un episodio del genere.
La cultura pop è politica nel vero senso della parola perchè ci permette di fare comunità, è un terreno di gioco del potere ma è sopratutto uno spazio di resistenza e creatività in cui si può vedere da un punto di vista diverso la nostra realtà, magari immaginando un futuro diverso.
Il problema però non è la politica o il “politicizzare”, il problema è nel falso mito della neutralità attraverso cui smettiamo di parlarci. Avere posizioni diverse è legittimo ma se queste rimangono posizioni opposte dovremmo cominciare a chiederci se c’è qualche problema.
Solo attraverso un dialogo, anche conflittuale, possiamo provare a risolvere il dilemma del porcospino e a tornare a immaginare un futuro diverso per le nostre comunità. Magari ispirati proprio dalla cultura pop!
E tu cosa ne pensi? Se potessi scegliere di impersonare un personaggio di fantasia (di una serie TV, un libro, un fumetto, etc.), quale sarebbe? Perché?
Questa lettera è uno spazio per riflettere insieme sulla crisi climatica per andare oltre all’incomunicabilità con cui viviamo queste sfide. Quindi certamente ti leggo e ho cura di ogni tua interazione: scrivimi, commenta, condividi o lascia un cuoricino. Costruiamo insieme la community di Lettere nella crisi climatica.




